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L'excursus politico

Sanità siciliana nel caos: riforma delle nomine tra pressioni, dimissioni e dossier ancora aperti

martedì 18 Novembre 2025
Renato Schifani

“I nuovi direttori generali non saranno scelti soltanto dalla giunta ma prima saranno selezionati da una commissione composta da tre soggetti nominati, uno dal presidente della Regione, un altro da Agenas e il terzo dalla conferenza dei rettori”. Con queste parole, ieri sera, il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani ha annunciato una modifica significativa al sistema di selezione dei manager della sanità, anticipando una riforma che punta a ridurre polemiche e opacità che negli ultimi anni avevano accompagnato le nomine.

La non novità

Nulla di realmente nuovo, in realtà. Il modello annunciato da governatore richiama da vicino lo schema già introdotto durante il governo Musumeci con l’allora assessore alla Salute Ruggero Razza. Fu infatti in quella stagione che, applicando il decreto Lorenzin, la selezione dei direttori generali venne affidata a una commissione terza composta da un rappresentante del Consiglio Superiore di Sanità, un delegato Agenas e un docente universitario nominato dal presidente della Regione.

Quel sistema garantiva una valutazione più strutturata, basata su criteri uniformi e suddivisa per tipologie di aziende. Nello specifico Asp metropolitane, Asp medie, aziende ospedaliere e policlinici universitari. In altre parole, una procedura pensata per assicurare omogeneità e comparabilità tra candidati chiamati a gestire realtà molto diverse tra loro, evitando che profili con competenze non allineate finissero in posizioni incongrue.

La differenza proposta oggi da Schifani, e che il governo regionale sta valutando nelle sue applicazioni, è lo scorporo delle fasce, non più gruppi omogenei. Una selezione, quindi, distinta per ogni singola azienda, con la commissione chiamata a formulare terne specifiche. Un modello che restringe ulteriormente il campo, riduce, almeno sulla carta, i margini di discrezionalità politica e punta a consegnare ai governi regionali liste più mirate e meno manipolabili.

Tuttavia, chi conosce i meccanismi interni della sanità siciliana ricorda bene che quel sistema, pur più ordinato, non fu immune da polemiche. La novità proposta oggi dal governatore, invece, non ha suscitato contestazioni: in Fratelli d’Italia è stata accolta con entusiasmo.

Facciamo un passo indietro nella sanità di Schifani

L’ultima selezione dei direttori generali ha previsto la valutazione dei titoli formativi e della concreta esperienza dirigenziale dei candidati, seguita da un colloquio pubblico “finalizzato ad accertare le attitudini e le specifiche competenze rispetto all’incarico da ricoprire”. Al termine delle prove è stata formata una rosa di quarantanove idonei. La scelta finale è poi avvenuta con decreto del presidente della Regione su proposta dell’assessore alla Salute e dopo la deliberazione della giunta regionale e il parere della Commissione Affari istituzionali all’Ars, individuando tra gli idonei i profili ritenuti più coerenti con le necessità delle Aziende sanitarie.

Il mandato dei direttori generali, come previsto dall’articolo 3-bis, comma 6, del decreto legislativo 502/1992 così come modificato dal decreto legislativo 171/2016, ha una durata di tre anni, rinnovabile una sola volta presso la stessa Azienda. Proprio perché il sistema si fonda su mandati triennali, ogni stagione di nomine diventa inevitabilmente un terreno di confronto politico e amministrativo molto delicato.

Una procedura che, pur nel quadro della normativa nazionale, ha generato più di un malumore. Nell’agosto del 2023 la pubblicazione, anticipata, parziale e mal coordinata, della rosa degli idonei diede vita a uno dei momenti più convulsi dell’intera stagione sanitaria. L’elenco dei quarantanove profili ritenuti “maggiormente idonei”, consegnato alla Regione dalla commissione, cominciò a circolare informalmente prima ancora della sua comunicazione ufficiale. A complicare ulteriormente la situazione si aggiunse poi una seconda lista, quella dei direttori generali effettivamente scelti dalla Giunta, che non coincideva in modo lineare con la percezione pubblica del primo elenco.  Le due liste, sovrapposte dalla stampa, alimentarono l’idea di un processo non trasparente, quasi parallelo, difficilmente interpretabile dall’esterno.

La presa d’atto dell’assessorato precedette la diffusione formale dei nomi e innescò un’ondata di irritazioni politiche con, ovviamente, richieste di chiarimenti. Tutto questo comportò che le aziende rimasero settimane, mesi, senza certezze, mentre tra assessorato e Presidenza si moltiplicavano tensioni sotterranee e comunicazioni non sempre allineate. “Una partita giocata a porte semichiuse”, fu il commento che circolò allora tra alcuni dirigenti, alimentando dubbi sulla solidità del sistema e sulla sua effettiva capacità selettiva. Un passaggio decisivo, che avrebbe aggiunto ulteriore pressione sui direttori generali, poiché per contratto erano tenuti a raggiungere entro tempistiche precise gli obiettivi assegnati dalla Regione, a partire dalla riduzione delle liste d’attesa e dal miglioramento dei principali indicatori di performance, elementi che incidono direttamente sulla valutazione del loro operato.

Equilibri in movimento

Ed è proprio mentre si discute di trasparenza che le nuove manovre sulle nomine stanno ridisegnando gli equilibri della sanità regionale. Il cambio al vertice dell’assessorato, con l’uscita di Giovanna Volo e l’arrivo di Daniela Faraoni, ha rimesso in movimento una serie di dossier rimasti sospesi per mesi. Tra questi, il più emblematico riguarda l’Asp di Palermo, che ancora oggi è priva di un direttore generale e considerata una delle partite più delicate da chiudere. Alberto Firenze, qualche settimana fa è stato nominato alla guida dell’Azienda, ma il passaggio non è ancora stato formalizzato.

Tra scandali, pressioni politiche e dimissioni “forzate“, la sanità siciliana vive una stagione particolarmente turbolenta sin dalla firma dei contratti del 2023. La prima frattura si è aperta a Trapani, con il caso dei ritardi nei referti istologici dell’Asp, criticità preesistente, già segnalata via PEC all’assessorato, che ha portato alla sospensione di Ferdinando Croce per “gravi irregolarità gestionali” e alle sue dimissioni poco dopo. A Palermo, la vicenda di Roberto Colletti alla guida dell’AOOR Villa Sofia-Cervello ha aperto un nuovo fronte di tensione legato alla gestione dei posti letto, resa ancora più complessa dalla scadenza dei contratti con le strutture convenzionate a fine anno, un contesto che ha alimentato settimane di pressioni interne fino alle sue dimissioni.

Negli ultimi giorni, è esploso anche il caso di Alessandro Caltagirone, direttore generale dell’Asp di Siracusa, che dopo l’autosospensione in seguito alle indagini giudiziarie è stato di fatto rimosso dalla guida dell’Azienda. tutte e tre le Aziende sono oggi rette da commissari straordinari, un assetto provvisorio che contribuisce a rendere ancora più instabile il quadro complessivo delle governance sanitarie nell’Isola.

Sul tavolo politico, accanto alle scelte ancora da definire, rimane anche il nodo legato a Salvatore Iacolino, dirigente generale della Direzione strategica dell’assessorato. Una figura al centro di pressioni e indiscrezioni che da tempo agitano la maggioranza. Secondo le ricostruzioni circolate nelle ultime settimane, per ricomporre gli equilibri si era ipotizzata la possibilità di un suo trasferimento al Policlinico di Messina, struttura rimasta senza una guida stabile dopo che Giorgio Giulio Santonocito ha assunto la doppia reggenza, gestendo contemporaneamente il Policlinico “G. Martino” e quello di Catania dopo il pensionamento di Gaetano Sirna.

Ma chi potrebbe prendere il posto di Iacolino?

Al momento circolano con insistenza due nomi: Giuseppe Sgroi, figura tecnica con solidi rapporti istituzionali, e Maria Grazia Furnari, manager di lunga esperienza nella sanità regionale, attualmente al Policlinico di Palermo. La loro possibile nomina è particolarmente rilevante perché la Direzione strategica dell’assessorato è una casella cruciale, destinata a orientare molte delle scelte operative della nuova assessora Faraoni.

È in questo scenario complesso e ancora in movimento che si inserisce la riforma annunciata da Schifani. Il nuovo sistema non produrrà più una rosa ampia come in passato, ma delle terne di candidati individuate da una commissione composta da tre membri nominati dal presidente della Regione, da Agenas e dalla Conferenza dei Rettori. La scelta politica resterà, ma si muoverà entro margini più ristretti. “Vogliamo mandare un segnale non soltanto al mondo della sanità ma anche ai cittadini”, ha dichiarato il presidente, rivendicando l’esigenza di rafforzare rigore e credibilità in un settore da sempre attraversato da pressioni, attese e tensioni.

La vera prova, però, arriverà con le prossime nomine. A vincere sarà davvero il filtro tecnico promesso o assisteremo all’ennesima spartizione politica delle poltrone della sanità siciliana?

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