“La più bella Costituzione del mondo non ha proprietari né cantori privilegiati”. Lo afferma la Camera penale ‘Serafino Famà’ di Catania intervenendo sul dibattito sul disegno di legge sulla separazione delle carriere dei magistrati.
L’associazione dei penalisti etnei sottolinea che i magistrati, come cittadini, hanno “pieno diritto di esprimere la propria libera opinione anche su leggi in corso di approvazione”, ma precisando anche che “alcuni rilievi debbono essere necessariamente mossi se si decide di esibire la Costituzione come scudo e come spada allo stesso momento”.
Per la Camera penale di Catania “la legge rientra pienamente nell’alveo democratico, ma in ogni suo passaggio dall’iniziativa all’eventuale approvazione si sarà confrontata con strumenti di democrazia diretta”. “Quindi, ed è a questa riflessione che invitiamo tutti – si chiede l’associazione dei penalisti etnei – può dirsi pienamente legittima, quantomeno nei modi, una protesta di un Potere dello Stato (ogni Magistrato ne è singolarmente espressione) rivolta a un disegno (per ora) di legge o anche a una potenziale legge che abbia una tale forma di legittimazione? Il conflitto a cui inevitabilmente tende può dirsi effettivamente rispettoso dei valori e dei principi della Costituzione?”
“La separazione delle carriere – osserva la Camera penale di Catania – costituisce un passaggio obbligato del nostro sistema e lo è dal momento in cui è stato, nel 1989, approvato il nuovo codice di procedura penale improntato a un sistema accusatorio, ovvero, in modo estremamente semplificato, nel quale la prova deve sempre essere assunta e verificata nel contraddittorio fra le parti processuali. Che il contraddittorio fra le parti costituisca lo strumento migliore per la ricerca della verità è dato inconfutabile della epistemologia moderna. Ovviamente naturale corollario al contraddittorio fra le parti è la loro equidistanza e la conseguente terzietà del Giudice. Dalle comunicazioni rilasciate agli organi di stampa – osserva la Camera penale di Catania – sembra che la protesta, così clamorosa, sia spinta dalla difesa degli interessi della cittadinanza e ciò, ci sia consentito, ci spinge a un sorriso amaro”.
La nota si conclude con una riflessione sul sistema penitenziario e sui suicidi in carcere, temi sui quali, rileva la Camera penale di Catania, “non abbiamo avuto il piacere di sentire la voce anche di un solo magistrato”.