La legge di fine legislatura dall’Assemblea regionale siciliana è finita sotto i colpi del Consiglio dei ministri che ha impugnato alcune norme della legge intitolata “Variazioni al Bilancio di previsione della Regione siciliana per il triennio 2022/2024”.
Il CdM, in particolare sulle ex Province, è arrivato alla conclusione che “Il reiterato rinvio delle elezioni” nei Liberi Consorzi e nelle tre Città metropolitane di Palermo, Messina e Catania “e le conseguenti proroghe dei commissariamenti violano i principi di democraticità di cui all’art.1, comma primo della Costituzione, in quanto i referendum e le elezioni (ancorché indirette) rappresentano il momento più alto di manifestazione della sovranità popolare e contrastano altresì con gli artt.5 e 114, in quanto l’autonomia e la rappresentatività degli enti commissariati sono svuotate da un commissariamento – di fatto – sine die”.
E’ quanto si legge nell’impugnativa da parte del CdM di alcune norme contenute nella legge di variazione del bilancio della Regione siciliana, approvata dall’Ars il 4 agosto prima della pausa estiva.
Per il CdM “si porrebbero inoltre in contrasto con il principio di ragionevolezza desumibile dall’art. 3 della Costituzione” perché “la situazione di eccezionalità che poteva giustificare, nell’immediatezza dell’entrata in vigore, della disciplina di riforma la proroga originariamente disposta non può infatti porsi come plausibile ragione giustificativa delle successive 10 proroghe che si sono susseguite in un arco temporale di sei anni, ciò che stabilizza l’eccezionalità oltre ogni ragionevole limite”.
“Inoltre – si legge nell’impugnativa – il legislatore siciliano non terrebbe conto della giurisprudenza costituzionale (sentenza costituzionale n. 168/2018) secondo cui l’art. 114 Cost., nel richiamare al proprio interno, per la prima volta, l’ente territoriale Città metropolitana, ha imposto alla Repubblica il dovere di istituirlo concretamente. Né del resto il nuovo ente potrebbe avere disciplina e struttura diversificate da Regione a Regione, nel presupposto di livelli di governo di disciplina uniforme, con riferimento agli aspetti essenziali (sentenza costituzionale n. 50/2015)”.
Continuando, il CdM comunica che “la Regione siciliana, pur dando apparente seguito, con la legge regionale n. 15/2015, all’obbligo di riordino delle circoscrizioni provinciali, ha in realtà finora rinviato le elezioni degli organi provinciali (“liberi consorzi comunali”) e ha pertanto disatteso la legge n. 56/2014 (legge Delrio), ponendosi al di fuori della cornice normativa di quest’ultima, le cui disposizioni valgono come principi di grande riforma economica e sociale, al cui rispetto anche le Regioni a statuto speciale sono tenute e a cui anche la Regione siciliana soggiace, posto che le disposizioni statutarie, trovano il loro limite nelle norme fondamentali delle riforme economico-sociali, secondo quanto espressamente statuito dalla Corte costituzionale”.
“Il continuo protrarsi dei commissariamenti degli enti di area vasta determina in conclusione – prosegue il CdM – una derivazione e dipendenza degli stessi dall’ente regionale in dispregio della loro autonomia e del principio di riforma sancito dalla legge Delrio, che concepisce gli enti di area vasta come espressione del livello di governo inferiore (comunale) e non superiore, come di fatto si è realizzato”.
Nell’impugnativa il CdM ricorda che “dal 2015 ad oggi, la Regione ha rinviato ben undici volte le elezioni degli organi dei liberi Consorzi comunali e delle Città metropolitane prorogando contemporaneamente la gestione commissariale degli enti di area vasta”.