“Appare altamente probabile che gli alti ufficiali del Ros avessero informato della loro iniziativa anche il giudice Borsellino, che con Mori e De Donno aveva all’epoca un rapporto di assoluta ed esclusiva fiducia, tanto da chiedere di vederli, riservatamente, nei locali della caserma dei Carabinieri e non in quelli della Procura, per parlare del rapporto ‘mafia – appalti’ nel luglio 1992, poco prima della sua uccisione”.
Paolo Borsellino sapeva del dialogo avviato dai carabinieri del Ros Mori e De Donno perché erano stati loro stessi a dirglielo. Smontano uno dei cardini del processo sulla cosiddetta Trattativa Stato-mafia i giudici della corte d’appello che oggi hanno depositato le motivazioni della sentenza con cui nei mesi scorsi hanno assolto dall’accusa di minaccia a Corpo politico dello Stato l’ex ministro Dc Calogero Mannino.
Mannino, assolto in primo e secondo grado, è stato processato separatamente. I suoi coimputati – tra loro anche Mori e De Donno – sono stati condannati a pene pesantissime dalla corte d’assise e ora sono in giudizio in appello.
La corte d’assise scrisse che tra i motivi della morte di Borsellino c’era proprio la sua avversione alla trattativa avviata dai carabinieri con la mafia tramite l’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino. La corte d’appello sostiene il contrario.
Scrivono i giudici d’appello: “Quando il giudice (Borsellino, ndr) ne era stato informato dalla dottoressa Ferraro non ne era rimasto affatto stupito, né contrariato, rispondendo alla dirigente degli Affari Penali del Ministero che andava bene e che se ne sarebbe occupato lui. Se, dunque, si trattava di iniziativa discussa dagli alti ufficiali del Ros col giudice o, comunque, prossima all’asseverazione di Borsellino che già ne aveva preso atto, senza stupirsene, a fine giugno 1992 parlando con la Ferraro, l’ipotesi che l’operato di Mori e De Donno celasse l’istigazione del Mannino per avere salva la vita, diventa una remota illazione, priva di qualsivoglia giustificazione logica, in tale ricostruito contesto”.
“Borsellino, informato dalla Ferraro dell’iniziativa del Ros, – prosegue la corte – non se ne era affatto stupito e men che mai scandalizzato, dicendole che andava tutto bene e che se ne sarebbe occupato. Tale ultima reazione legittima, fondatamente, la conclusione di questa Corte che non solo Borsellino fosse già stato informato dell’iniziativa intrapresa dagli stessi ufficiali già prima che gliene parlasse la Ferraro ma, soprattutto, non essendosi mostrato per nulla turbato o preoccupato, che il magistrato non l’avesse valutata come un’operazione anomala, con particolari finalità o istigazioni ad opera di personalità politiche occulte, bensì come una normale (per il Ros) attività di infiltrazione sotto copertura, finalizzata alla cattura dei boss di ‘cosa nostra’ che in quel momento portavano avanti la strategia stragista”.
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