Sono diverse le soluzioni possibili emerse durante l’incontro che si è tenuto ieri presso l’Assessorato regionale alla famiglia per discutere della stabilizzazione dei 5.200 Asu. Dopo la delusione provata dai lavoratori che si sono visti escludere dai provvedimenti di stabilizzazione approvati in occasione della finanziaria, a favore di altre categorie di precari, e l’amarezza per non essere stati recuperati nel collegato, attualmente in discussione all’Ars, l’assessore Ippolito ha pensato di costituire un tavolo per concordare, insieme alle rappresentanze sindacali, una proposta definitiva da sottoporre al governo e al Parlamento.
Per Vito Sardo e Mario Mingrino, del Csa Dipartimento Asu, sono tre le cose da fare. La prima è quella di eliminare il vincolo temporale previsto dalla legge regionale 27 del 2016 per la fuoriuscita dal bacino e di erogare l’indennità in un’unica soluzione. Attualmente sono pochissimi gli Asu con almeno 10 anni di servizio che hanno deciso volontariamente di uscire in cambio di un risarcimento pari a 5 anni di stipendio. Senza questo limite temporale e erogando l’indennità in un’unica soluzione l’incentivo sarebbe ancora maggiore e il comparto si alleggerirebbe sensibilmente.
La seconda è quella di recepire la legge Madia, che consente la stabilizzazione del personale precario, e allo stesso tempo storicizzare il costo attuale sostenuto dalla Regione fino al 2038, come è stato fatto per i contrattisti. In altre parole si tratta di dare certezza contabile nel bilancio della Regione, in modo tale che gli enti utilizzatori, che sono nelle condizioni di stabilizzare gli Asu, abbiano la certezza di ricevere il contributo per 20 anni.
La terza è quella di valutare la possibilità di rivedere la norma sulla mobilità verso gli enti regionali, alla luce delle loro esigenze di personale. Da circa 10 anni, infatti, la normativa impone vincoli e paletti molto stringenti che impediscono l’assunzione per mobilità del personale precario. Tuttavia sono diverse le branche dell’amministrazione regionale che lamentano mancanza di risorse umane. Tra questi ad esempio l’Assessorato ai beni culturali.
Per Clara Crocè della Fp Cgil “è urgente l’immediata fuoriuscita dei lavoratori utilizzati negli uffici pubblici per il tramite delle cooperative. In attesa della stabilizzazione – propone- il loro utilizzo potrebbe avvenire per il tramite dell’assessorato”. La Fp rileva che gli Asu impegnati nei siti archeologici, nei Musei, nelle Biblioteche regionali, nelle Asp e nei Comuni “sono costretti a pagare le quote Inail e Rtc corrispondendole direttamente alle cooperative”.
Inoltre, sono state da poco pubblicati sul sito dell’assessorato i dati sugli esuberi, ovvero sul numero di Asu che gli enti utilizzatori non sono in grado di stabilizzare. Questi ammonterebbero a circa 3.900. A tal proposito la Fp Cgil ha sollecitato l’individuazione degli enti in grado di stabilizzarli.