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“Storia di un oblio”: al Biondo l’abuso di potere che sfocia in cieca violenza

venerdì 14 Febbraio 2020
Storia di un oblio

A volte può essere solo un gesto a sovvertire le sorti di una giornata iniziata come tante altre e finita in modo tragico.

“Storia di un oblio”, un intenso e drammatico monologo di Laurent Mauvignier portato in scena dal regista Roberto Andò, al Teatro Biondo (sala Strehler) testimonia, in un unico fluire di pensieri – gli ultimi prima che un uomo morirà – l’inaudita scelleratezza che può scaturire da un’azione.

Storia di un oblio

È Vincenzo Pirrotta a interpretare questo flusso di coscienza, che è quasi uno sciame di parole, in cui confluiscono più voci, che appartiene a tutti quelli, spettatori e testimoni anche sulla scena, che considerano valori il rispetto e la giustizia (costumi di Riccardo Cappello, suono e luci Michele Lavanga).

Il palcoscenico, a scena aperta, è occupato al centro da un cadavere, custodito nell’involucro asettico e gelido proprio degli obitori, è il corpo senza vita di un barbone reo di aver preso una lattina di birra e averla consumata all’interno del supermercato.

La storia non è finzione ma triste e assurdo fatto di cronaca. Mauvignier lo racconta in un lungo monologo – a cui da voce Pirrotta, con una resa più contenuta rispetto alle sue ultime interpretazioni –  Una sola frase che ricostruisce la mezz’ora in cui è insensatamente racchiusa la tragica fine di un uomo.

Un abuso di potere cieco e spregevole, che richiama alla mente analoghi episodi della recente storia italiana (pedissequa la scelta di mostrare al pubblico la foto con il volto tumefatto di Stefano Cucchi).

Teso fin quasi allo spasimo nel resoconto minuzioso di una morte assurda, il flusso di parole raduna impercettibilmente tutti i temi cari a Mauvignier. E torna così il suo sguardo purissimo su un universo di “umili”, che la scrittura accoglie senza una briciola di retorica, senza un’ombra di furbizia.

Storia di un oblio

Escono fuori, a nostro avviso, altri attori da questo racconto: la sete e il sapore della polvere, la forza sterile di colui che è in una posizione privilegiata e, non ultimo, il silenzio di chi tace e diventa connivente.

E, ad un certo punto, nell’abbracciare fisicamente gli spettatori, dentro e fuori dal palco, si realizza quel senso di comune visione civile e civica che, purtroppo, viene sempre meno al giorno d’oggi. Sarà per questo che lo spettacolo ha emozionato molto il pubblico in sala, in piedi per gli applausi finali.

Storia di un oblio, prodotto da Società per Attori e Accademia Perduta – Romagna Teatri, in collaborazione con il Teatro Stabile di Catania, replica fino al 23 febbraio.

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