Quattro ergastoli e un’assoluzione per non aver commesso il fatto. La corte d’assise d’appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza emessa in primo grado nel processo bis sulla strage di Capaci, costata la vita al giudice Giovanni Falcone, alla moglie Francesca Morvillo e agli agenti della scorta. All’ergastolo sono stati condannati i boss Salvo Madonia, Giorgio Pizzo, Cosimo Lo Nigro e Lorenzo Tinnirello.
Assolto il capomafia Vittorio Tutino, che era stato scagionato anche in primo grado. La Procura generale aveva chiesto la condanna al carcere a vita per tutti gli imputati.
LE DICHIARAZIONI
“Leggeremo le motivazioni della sentenza e con riguardo alla posizione di Vittorio Tutino valuteremo se ci sono spazi per il ricorso in Cassazione“, ha detto il procuratore generale Lia Sava dopo la sentenza.
“Noi avevamo chiesto l’ergastolo – ha continuato il Pg – perché secondo la nostra impostazione c’erano elementi per ritenerlo colpevole. Per il resto è stata confermata la sentenza di primo grado integralmente. Abbiamo detto più volte sia nel corso di questa requisitoria, sia nel corso della precedente, le indagini sulle stragi non si fermano e quindi sia la procura di Caltanissetta, la direzione distrettuale antimafia, sotto il coordinamento della Direzione Nazionale Antimafia, continuano a indagare. E’ chiaro che poi i processi arrivano quando maturano degli elementi di prova che possono consentire di sostenere l’accusa in giudizio”. “Ormai dopo 28 anni – ha concluso Sava – speriamo che si possano legare insieme tutta una serie di elementi e si possano fare i passi necessari per cercare di dipanare quelle che possono essere – e ci sono ancora – le zone d’ombra. Aspettiamo la sentenza con riferimento al coinvolgimento di Matteo Messina Denaro nelle stragi di Capaci e via D’Amelio, si sta concludendo in primo grado il processo sul depistaggio, le indagini continuano”.
“La sentenza della corte d’assise d’appello di Caltanissetta conferma il grande impegno della Procura e della Procura generale che sono riuscite a scrivere i capitoli finora rimasti oscuri dell’attentato, individuando la responsabilità dei capimafia che erano riusciti a sfuggire alle indagini”, ha detto la professoressa Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni Falcone.
“Il prezioso lavoro dei magistrati di Caltanissetta che non hanno mai smesso di cercare la verità sugli eccidi del ’92 – ha aggiunto – ci consegna finalmente un quadro più nitido di quanto avvenne quel tragico 23 maggio di 28 anni fa. L’auspicio ora è che si arrivi in tempi celeri alla conclusione dell’ultima tranche aperta del processo che vede imputato il boss latitante Matteo Messina Denaro”.