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In questo estratto dello SPECIALE dedicato al Depistaggio di Via D’Amelio, realizzato da ilSicilia.it, con l’intervista all’Avv. Rosalba di Gregorio, abbiamo anche approfondito un aspetto che riguarda la Strage di Capaci in cui morì Giovanni Falcone.
In particolare, si affronta anche la cosiddetta teoria del “doppio cantiere” e la “pista americana”.
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A proposito di questo, sappiamo che anche a Capaci intervenne l’FBI. Ha ragione allora l’Avv. Genchi a suggerire indagini sulla “pista americana”?
«Su questa cosa sono d’accordo con Gioacchino Genchi. La sua ricostruzione è abbastanza credibile, anzi tanto credibile da risultare inquietante. Perché noi abbiamo un allontanamento da parte degli USA dopo i fatti dell’Achille Lauro. Allora “si rompono i telefoni”, come si dice dalle nostre parti. Ha ragione lui. Il “CAF” che c’era allora, con Craxi, Andreotti e Forlani, poi va in disgrazia. Avremo Andreotti sotto processo e Craxi finito come sappiamo… senza entrare nel merito di Tangentopoli.
Contestualmente abbiamo la presenza dell’FBI, con queste figure autorizzate dal ministro della Giustizia Martelli, ma richieste e chiamate da Tinebra, il quale si è mosso in maniera abbastanza strana, anomala. Anche rispetto al coinvolgimento dei Servizi, perché le indagini sulla strage di via D’Amelio non puoi farla fare al Sisde (con Bruno Contrada, ndr), dato che è illegale. Irrituale.
Per tornare a Capaci: noi abbiamo una strana dinamica per quel che riguarda l’esplosione. Non c’è dubbio. Io non ci credo, non ci crederò mai, allo scoppio di quel cunicolo che i mafiosi pentiti dicono di avere riempito con lo skateboard, come si vede nei film. Perché non è fisicamente possibile che sia saltata in aria l’autostrada col nitrato di ammonio, senza che le due estremità del cunicolo venissero murate. Sarebbe sfiatato tutto dai lati. Non ho tecnicamente affrontato questo aspetto, ma credo ad un coinvolgimento esterno, o al riempimento di un cunicolo successivo, da parte di esperti, e non di mafiosi. Quindi la teoria del “doppio cantiere” (cioè l’ipotesi oggetto delle nuove indagini, secondo cui non fu Brusca a premere il telecomando, ma che ci fosse un secondo telecomando e un secondo team esterno a Cosa nostra coinvolto nella strage, ndr) non mi pare una cosa campata in aria. Non l’ho approfondita tecnicamente, ma il pezzo di viadotto successivo a quello che è saltato in aria era stato dato dall’Anas in appalto prima del 23 maggio a un’impresa privata di Altofonte vicina ai mafiosi Gioè e Di Matteo. I lavori furono consegnati alla vigilia della strage! Siccome questa cosa era assai allarmante, all’epoca feci fare un’Interrogazione Parlamentare tramite il senatore Pietro Milio dei Radicali, ma non abbiamo mai ricevuto una risposta.
Quindi, quando Gioacchino Genchi viene sentito come teste, io non l’ho messo in contestazione su questi argomenti. Anzi, sono perfettamente d’accordo con lui. Credo ad un coinvolgimento esterno. Non dico degli americani… ma di Servizi di sicurezza non istituzionali (e non deviati). La posizione della Sicilia del resto è strategica nel Mediterraneo, quindi è chiaro che possa esserci stato un interesse esterno. Andava approfondito processualmente questo aspetto. Ma – dopo che il teorema Buscetta è passato in Cassazione, per il Maxi – l’ordine di “scuderia” dell’epoca era di chiudere tutto e dare la colpa solo alla mafia. Adesso invece si stanno riaprendo le indagini. Basta vedere le accuse, ai poliziotti e ai pm dell’epoca, di calunnia aggravata. Il reato di depistaggio non si può applicare perché all’epoca non c’era. È comunque un fatto assai grave, con un capo di imputazione molto pesante».
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