CATANIA – Si terrà al Centro Zō , piazzale Rocco Chinnici 6, martedì 19 giugno, alle 21, il laboratorio di arte drammatica, diretto da Gioacchino Palumbo, in collaborazione con accademia di Belle Arti di Catania – Scuola di Scenografia e Grafica. “Solo andata“, pagine su esilio e migrazioni, il titolo del progetto.
Le due parole chiave scelte per orientare le scelte drammaturgiche di questo progetto scenico sono “esilio” e ” migrazioni”. I testi proposti vogliono offrire domande, spunti di riflessione, punti di vista, prospettive diverse.
Nella composizione drammaturgica dello spettacolo confluiscono opere di Italo Calvino, Eschilo, ChristaWolf, Dacia Maraini, Bernard-Marie Koltès, Sławomir Mrozek, Erri De Luca, Tommaso Bordonaro.
La prima azione scenica è tratta da uno dei racconti de “Le cosmicomiche” di Italo Calvino, intitolato “Tutto in un punto“, un testo ironico ed acutissimo, pieno di sottili rimandi. Il punto di cui si parla è quello che precede l’esplosione del Big Bang, in cui era concentrato tutto l’Universo.
Eppure già lì, prima che si creassero lo spazio e il tempo, c’erano i migranti, la famiglia Z’zu, numerosi e chiassosi, che “pretendevano persino di appendere delle corde attraverso il punto per stendere la biancheria”. ” C’era chi sosteneva, ci dice il narratore, che il concetto di immigrato poteva essere inteso allo stato puro, cioè indipendentemente dallo spazio e dal tempo…“.
Il secondo testo è il dialogo tra Edipo e l’indovino cieco Tiresia, tratto da uno dei capolavori assoluti della drammaturgia di tutti i tempi, l’ “Edipo Re” di Sofocle. Edipo, diventato re di Tebe sposando la regina Giocasta dopo aver risolto l’enigma della Sfinge, si crede straniero, esule, ma scoprirà di non esserlo. In questo consiste il suo dramma. Indagando sull’assassinio di Laio, il precedente re di Tebe, scoprirà che Giocasta è in realtà sua madre, e che Laio, che lui stesso ha ucciso, era suo padre.
L’Edipo è il primo thriller della letteratura di tutti i tempi, ed è già un meta-thriller: Edipo, che indaga su un delitto, scoprirà di essere lui stesso l’assassino. L’uomo non sa chi è, ci dice Sofocle, non sa da dove viene, e non può sfuggire al suo destino, plasmato da divinità capricciose ed ingiuste.
Christa Wolf, nel suo suggestivo romanzo “Cassandra“, ci racconta del dramma delle donne troiane, che, dopo la distruzione della loro città, alla fine di un lungo assedio, diventano prigioniere e spesso concubine dei vincitori. Come non vederci precise analogie con la condizione dei profughi delle attuali guerre del medio-oriente? La scrittrice tedesca, affascinata dalla figura della profetessa troiana, prigioniera e schiava di Agamennone, fa un viaggio sulle sue tracce e ripercorre il suo infelice destino di esule.
Anche Dacia Maraini, nel suo testo drammaturgico “I sogni di Clitennestra“, denso di rimandi tra passato e presente, attinge al teatro classico greco e sulla trama della Orestea innesta delle riflessioni sulla condizione degli emigranti. Maraini trasforma i personaggi della famiglia degli Atridi, Agamennone, Clitennestra, Elettra, in una famiglia di migranti siciliani della prima metà del novecento. Da questo testo sono state estrapolate due scene. Un dialogo tra Cassandra ed Agamennone, di ritorno dopo anni di dura emigrazione negli Stati Uniti, e uno scontro durissimo tra Clitennestra ed Elettra, che, con emozioni contrapposte, si preparano al suo ritorno.
Anche Bernard-Marie Koltès, uno dei più significativi autori contemporanei, morto giovanissimo, attraverso il suo sguardo visionario e poetico, ci parla spesso di marginalità ed esilio. Dal suo testo teatrale “Quay West” sono stati presi alcuni frammenti che hanno come nodo tematico le paure e le proiezioni dell’uomo occidentale nei confronti dei migranti e degli stranieri.
Sławomir Mrożek, scrittore, giornalista e fumettista polacco, con un linguaggio incline al surreale e al grottesco che ricorda talvolta Beckett, nella sua opera “Migranti” ci racconta di due emigranti dell’Europa dell’Est, forse polacchi, che vivono in un sottoscala in una città dell’Europa Occidentale, nel periodo che precede la caduta del Muro di Berlino. Due personaggi, il primo un intellettuale idealista, l’altro un operaio diffidente e disincantato, nostalgico del suo paese, profondamente diversi ma fortemente legati dalla loro comune condizione, dal loro esilio.
L’ultima scena è ispirata da brevi frammenti di “Spartenza“, toccante autobiografia del contadino siciliano Tommaso Bordonaro sulle sue esperienze di emigrante, e da alcune poesie di Erri De Luca, raccolte nel volume “Solo andata“, che danno voce, con profonda sensibilità e capacità di immedesimazione, alle drammatiche odissee dei migranti dei nostri giorni sulle rotte del deserto e del Mediterraneo.
Partecipano: Paola D’Amico, Fabrizio Savoca, Franca Scardilli, Carmela Contino, Federico Privitera, Nicola Bartolotta, Giusi Caudullo, Teresa Contino, Sara Cunsolo, Rossella Lizzio, Margherita Malerba, Gaetano Parisi.
Consulenti alla drammaturgia: Giusi Caudullo, Sara Cunsolo, Franca Scardilli
Scenografia: Matteo Greco, Agne Lukoseviciute, Marco Tringale
Costumi a cura di: Nicoletta Leonardi, Martina Panebianco, Ariana Talio
Aiuto regia: Giuliana Grillo
Assistenti alla regia: Andjela Bizimoska, Mara Di Maura
Direzione di palcoscenico: Andjela Bizimoska
Luci: Segolene Le Contellec
Direzione tecnica: Aldo Ciulla
Regia e drammaturgia: Gioacchino Palumbo.