“Non si può parlare di soldi persi. Si trattava solo di una proposta, che poteva essere accolta come respinta. È probabile che, accanto al diniego per il Civico, vengano invece approvate altre proposte della Regione riferite allo stesso tipo di intervento”.
Così l’assessore regionale alla Salute Daniela Faraoni ha liquidato la vicenda dei 22 milioni sfumati per l’Arnas Civico-Di Cristina-Benfratelli di Palermo. Una PEC inviata oltre il termine previsto ha compromesso la possibilità di accedere a quei fondi, legati a un bando regionale.
Ma tra le corsie dell’ospedale, dove ogni giorno si combatte con reparti sovraccarichi e attrezzature logore, nessuno parla di ipotesi. Qui la perdita è percepita come concreta, e fa male. Fa male anche perché un’Arnas di rilevanza nazionale ha bisogno di un costante adeguamento agli standard: con una programmazione minima, si può fare ben poco.
A dirlo sono medici, infermieri, tecnici e dirigenti che ogni giorno tengono in piedi una struttura fondamentale per Palermo e per tutta la Sicilia occidentale. Chi lavora al Civico sa cosa avrebbero significato quei fondi: una Rianimazione rimessa a nuovo, reparti di Malattie Infettive adeguati, sale parto moderne, tecnologie all’altezza, digitalizzazione reale. Tutto sfumato per un errore che in molti faticano a considerare come una semplice svista. Tra il personale c’è chi parla di gravi disattenzioni o di una gestione approssimativa dell’iter.
I progetti c’erano. Erano pronti da mesi, frutto di un lavoro avviato già sotto la direzione Colletti-Buccheri, in un periodo in cui l’Azienda vantava persino un attivo milionario — oltre 20 milioni, di cui 18 registrati quando ancora Gaetano Buccheri era direttore sanitario. Poi qualcosa è cambiato. Il bilancio ha iniziato a mostrare segnali di difficoltà, la progettazione si è rallentata e la comunicazione si è fatta sempre più rarefatta.
“Quei fondi erano una svolta per tanti reparti. Bastava molto meno per fare la differenza, e noi ne avevamo ventidue milioni”, raccontano nelle corsie, coloro che hanno investito tempo, competenza e speranza, e che oggi si sentono traditi.
Ma questa vicenda è solo l’ultimo capitolo di una lunga storia in cui i fondi destinati al nuovo ospedale Civico sembrano dissolversi, piano piano. La Regione, infatti, con una delibera del 26 luglio 2024, decise di dirottare altrove quei 364 milioni inizialmente previsti per la ricostruzione: una parte per finanziare altri progetti del PNRR, l’altra destinata al Policlinico e ad altre strutture, nell’ambito del piano “Ospedale sicuro e sostenibile”. In altre parole, l’idea di un nuovo Civico è accantonata nel silenzio, senza proteste e senza un vero dibattito.
E c’è di più. Tra chi lavora nel pubblico cresce il sospetto che si stia volutamente spingendo verso il privato, un pezzo alla volta. A confermare il timore, una nota dello Spi-Cgil che denunciò come parte di quei 364 milioni sia finita a sostenere strutture private accreditate, che oggi intercettano sempre più risorse. Intanto si parla di nuovi poli sanitari, con investimenti da 700 milioni: pediatrico, oncoematologico, nuovo Policlinico. Tutto utile, certo. Ma il Civico, che fine farà?
Il timore diffuso è che venga progressivamente lasciato indietro. “Sembra quasi lo stiano spegnendo, lentamente”, sussurrano i sanitari e amministrativi del Servizio pubblico. Altri sono più diretti: “È un modo per svuotarlo, togliere forza al pubblico e aprire spazi ai privati”.
In tutto questo, resta un nodo grande quanto una casa: la direzione generale.
La scelta di affidare la guida dell’Arnas Civico-Di Cristina-Benfratelli a Walter Messina, già direttore generale di Villa Sofia-Cervello, aveva suscitato perplessità fin dall’inizio, anche alla luce delle criticità emerse nella sua precedente esperienza. Una nomina rimasta senza spiegazioni ufficiali, che oggi torna prepotentemente al centro del confronto interno.
Tra gli operatori si rincorrono domande amare: “Perché proprio a lui?”, “Dov’era la vigilanza?”, “Com’è possibile che nessuno si sia accorto della scadenza imminente del bando?” E soprattutto: “Perché non è stato fatto nulla per evitarlo?”.
La verità è che, al Civico, non bruciano solo i 22 milioni sfumati. Brucia la fiducia e cresce la sensazione di abbandono. Avanza la paura che questo ospedale, simbolo della Sanità pubblica palermitana, finisca lentamente nel dimenticatoio, smantellato pezzo dopo pezzo.
Ma nonostante tutto, tra le sue mura, c’è ancora chi resiste: “Ce la faremo! Continuiamo a lottare, a curare, a credere che arrendersi non sia un’opzione, anche quando la politica guarda altrove”.
Il quesito del giorno, alla luce della nuova programmazione della rete ospedaliera, è uno solo: si riuscirà egualmente ad andare incontro alle esigenze di una Sanità moderna, o prevarranno ancora una volta logiche politiche, con pesanti ricadute sulle casse, già asfittiche, del Civico?