“Fatti più in là”, cantavano alla fine degli anni Settanta le sorelle Bandiera. L’avranno pensato anche i dipendenti dell’ex provincia di Palermo, ora Città metropolitana, quando si sono visti “invadere” da una parte della squadra comunale del capoluogo.
Il consiglio, l’ufficio di segreteria, quello della presidenza e della vicepresidenza, hanno tutti dovuto spostare la propria attività, “sfrattati” dai lavori di restauro di Palazzo delle Aquile. Per qualche mese erano riusciti a resistere, tanto che in primavera, nel corso delle sedute del consiglio, gli interventi di maggioranza e opposizione in Sala delle Lapidi andavano a tempo con il martello pneumatico.
Dopo una contrattazione durata diverse settimane, finalmente, il trasferimento. Molto più simile a una “diaspora”, per la verità, con il trasloco diviso per lo più tra via Maqueda, piazza Marina e Monte di pietà e alcuni uffici rimasti ancora nel palazzo di città, in attesa di trovare un’altra sistemazione per i prossimi due anni.
I gruppi consiliari, ad esempio, sono stati separati: le minoranze sono state collocate nell’ex caserma Falletta, mentre gli altri sono rimasti in piazza Pretoria, senza una sede alternativa, a condividere gli spazi con gli operai che in questo momento stanno lavorando dalle parti di Sala delle Lapidi.
“Puntiamo a una soluzione definitiva – spiega il presidente del consiglio comunale, Giulio Tantillo – perché la situazione è complicata. Basti pensare che anche l’ufficio di presidenza e quello di segreteria sono distanti. È difficile lavorare bene in queste condizioni. La soluzione migliore potrebbe essere un unico palazzo, che possa raccogliere tutti gli uffici e i gruppi. Per adesso, non c’è modo di cambiare. Ma nei prossimi giorni faremo una riunione con sindaco, uffici e segretario generale per prendere una decisione”.
Nel frattempo, al vaglio della prima commissione del Senato c’è la nuova riforma delle Province. Si tratta di un testo di 15 articoli che prevede, tra l’altro, anche l’elezione diretta sia per gli organi delle Province sia per quelli delle Città metropolitane.
Se passasse la riforma, Lagalla e Trantino, solo per citare i sindaci di Palermo e Catania, sarebbero costretti a rinunciare alle indennità di sindaci delle rispettive Città metropolitane, che a regime nel 2024 dovrebbero essere di quasi 14 mila euro lordi a testa al mese.
Prima della pausa estiva, intanto, nel capoluogo di regione sono state raddoppiate le somme per le indennità della Giunta e nelle prossime ore si discuterà in consiglio comunale se adeguare o meno i gettoni per i consiglieri, in applicazione dell’art. 38 della Legge regionale n. 9 del 27 luglio 2023.
La dura vita dei consiglieri comunali, sfrattati e in cerca d’autore, si fa sempre più complicata…