In Italia sono 11.140 le nuove pazienti l’anno ad avere una neoplasia alla mammella sotto i 40 anni. Inoltre vi è un incremento di diagnosi fra le donne con più di 74 anni e che sono ormai escluse dai programmi di screening. Nel 2022, difatti, sono state 20mila le anziane colpite.
Questi soggetti appresentano rispettivamente il 20% ed il 35% dei casi e sono fuori dai programmi di screening, almeno che non siano soggetti con familiarità alla malattia.
I casi nel nostro Paese superano le 800mila persone, ma a spaventare ancor di più sono le stime un cui si evince che una donna su otto si ammalerà nel corso della vita.
L’incremento, secondo gli studiosi, è dovuto ai nuovi stili di vita che non prestano attenzione all’alimentazione e all’attività fisica che hanno un ruolo rilevante, come anche il lato emozionale.
“Il carcinoma mammario è una malattia sempre più trasversale in quanto ogni anno colpisce donne di diverse fasce d’età e anche 500 uomini – afferma Adriana Bonifacino, presidente di Fondazione IncontraDonna.
Nicoletta Gandolfo, presidente eletta Sirm – Società Italiana di Radiologia Medica e Interventistica, ha evidenziato quanto sia importante “ampliare la platea da sottoporre gratuitamente alla mammografia. Abbassare l’inizio dei programmi di prevenzione sul territorio può essere una soluzione”, visto l’aumento dei casi nei giovani.
Inoltre si evidenzia l’importanza di fare un test genetico. Le forme ereditarie di tumore alla mammella sono, difatti, in larga parte dovute alla presenza delle mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA2.
Le terapie
Fortunatamente la personalizzazione dei trattamenti è varia e questo influisce sulla scelta della tipologia di cura. Anche perché le terapie sono sempre più mirate e rappresentano il frutto di studi genetici e genomici. Vi è difatti una sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi all’88%.
Inoltre le Breast Units, in cui vi è un team multidisciplinare che segue le pazienti, anche dal punto di vista chirurgico, permettono di modulare la terapia sulla paziente, quindi non solo diagnostico, ma anche terapeutico. Questo permette di fare una chirurgia misurata ed avere un risultato finale eccellente.
Ultimamente, difatti, si punta non solo alla ricostruzione del seno nello stesso intervento di rimozione del tumore, casi permettendo, ma anche all’utilizzo di nuove tecniche come il trapianto microchirurgico autologo (cioè con gli stessi tessuti della paziente) PAP, permettendo, così, di restituire alla paziente un seno con forma e volume.
Invece, dal punto di vista di prevenzione, molte donne predisposte geneticamente a un tumore al seno, chiedono l’asportazione della mammella in maniera profilattica.
Gli aspetti psicologici
L’immediata ricostruzione è fondamentale, soprattutto dal punto di vista psicologico. Le pazienti sono sottoposte ad un pesante iter e costanti follow up a cui si devono sottoporre.
Un tumore al seno cambia il modo di sentirsi donna, soprattutto quando è necessario un intervento chirurgico invasivo. Questo perché si ha paura di perdere la propria femminilità.
Il seno è difatti simbolo della femminilità, maternità e sessualità. Quando un tumore colpisce questa parte del corpo significa perdere tutte queste immagini di identificazione. Questo comporta anche ad una perdita di autostima e paura di mostrarsi agli altri. Lo sconvolgimento emotivo, provato da buona parte delle pazienti giovani, può incidere anche sulla vita sessuale di una donna.
Il sistema sanitario nazionale, difatti, mette a disposizione anche un supporto psicologico per le pazienti. È importante come una donna riesca a elaborare la malattia, anche per trovare la forza per sconfiggere il tumore e non esserne vittima.