Nessuno vuole tirarlo per la giacca, ma la tentazione di vederlo come “soluzione naturale” e ufficiale di collegamento sul campo tra governo regionale e governo nazionale, rimane forte. Nello Musumeci, governatore siciliano e leader di Diventerà Bellissima continua ad essere al centro dell’interesse di chi avverte forte bisogno di interlocuzione politica tra le premesse di dialogo romano.
Nei giorni in cui la Lega di Matteo Salvini governa l’Italia le istanze autonomistiche e delle regioni rischiano di non trovare spazio e di essere sacrificate dal perimetro delle scelte del governo centrale. Un ossimoro per certi aspetti, una contraddizione in termini secondo altri. Nulla che non si possa ricondurre al passaggio dalle idee della Lega di ieri alla necessità delle azioni imposte dai ruoli di governo di quella di oggi. La partita tra Stato e Regioni affonda le radici già nel tempo, da quando cioè il governo Monti ha richiesto un contributo alla finanza pubblica sempre più strutturato che alla Sicilia ad oggi, dal 2012, è costato sette miliardi di euro. Un miliardo e 300 milioni di euro la cifra prevista nel 2019 e un miliardo nel 2020.
In Sicilia il Movimento per l’Autonomie dopo l’uscita di scena legata ai guai giudiziari dell’ex presidente della Regione Raffaele Lombardo ha vissuto anni difficili come ricorda il vicepresidente dell’Ars Roberto Di Mauro: “Adesso ci stiamo riprendendo il nostro spazio cercando di attivare quei rapporti necessari in Sicilia a ricreare una voce che sappia uscire fuori dal coro”.
In materia di traghettatori e di leader che non si possono improvvisare Di Mauro mostra di avere idee chiare: “Se Nello Musumeci interpreta bene questo ruolo può essere il leader naturale del nuovo processo. Ci vuole la forza politica necessaria nell’interlocuzione tra ruoli, ma anche politica, dei due governi”.
Dopo l’estate dunque il tema delle scelte politiche e dei riposizionamenti tornerà forte e centrale nell’Isola che dialoga con Roma, ma spera di portare a casa il migliore dei risultati possibili.