Scienza, religione e sentimenti si ritrovano tutti su un palco e provano a far riflettere il pubblico sulla procreazione, sulle varie opportunità che oggi una coppia ha per avere dei figli. Per Taddeo, uomo di scienza, in scena insieme alla moglie e ad una figlia immaginaria, una famiglia si può definire tale solo quando c’è un figlio. Per la moglie un figlio è una benedizione di Dio e quindi non è disposta a prestarsi alla procreazione in vitreo.
Spinge ad una riflessione importante lo spettacolo di Ersilia Lombardo, regista e drammaturga di “Sara”, lo spettacolo teatrale in prima nazionale alle Orestiadi di Gibellina mercoledì scorso: avere un figlio a tutti i costi o seguire il corso della natura e aspettare che arrivi? e se non arriva mai? Le dinamiche familiari, l’amore, la solitudine, i desideri, i desideri dell’altro, gli egoismi, e l’inevitabile erosione di una coppia che dopo tanti anni di matrimonio si trova ancora ad affrontare mareggiate emotive per l’assenza di un figlio e come una roccia, a poco a poco, sotto ogni colpo perde qualcosa.
C’è forte la disperazione in questo spettacolo, la disperazione di chi è disposto a tutto pur di avere un figlio e la disperazione di chi ha come valore più alto la fede e non vuole cedere il passo alla scienza. Il sipario si apre su una figura strana non subito comprensibile, sembra quasi una particella di sodio in una bottiglia di acqua Lete, a poco a poco si definisce la sua figura con degli eccessi di gridolini e mugugni, è una bambina. Oggetto del desiderio di una coppia dove ognuno si batte per portare avanti le proprie ragioni convinto che siano più importanti di quelle dell’altro.
Dinamiche familiari e di coppia che tutti abbiamo vissuto, tutti abbiamo rivisto in quei fammenti di vita sul palco di Gibellina: i genitori, il nostro parter, i nostri fallimenti, le nostre inadeguatezze. In un mondo schizofrenico portare avanti le proprie idee e i propri ideali ridona la sensazione dell’autenticità ma è forse troppo facile inciampare nell’egoismo delle paure.