C’era una volta in un mondo incantato una dolce bimba a cui era stato raccontato che nei cieli la leggenda dell’amore avrebbe vissuto. Il tempo era passato, ma a Strenia il principe azzurro non si era appalesato. In un dicembre non datato, cavalcando la sua scopa nel cielo stellato, vide un grande carro da un bellissimo giovane guidato e capì che il suo sogno si era avverato. Claus, anche lui folgorato dalla dolce dea dallo sguardo fatato, la condusse, perdutamente innamorato, nel suo rifugio di bianco ammantato.
L’anno a venire di rosso vestito, lasciando il suo amore addormentato, col cocchio da quattro renne trainato, partì per la missione a cui, annualmente, si era votato. Strenia, però, che quello strano scalpitìo aveva avvertito, con lo sguardo ancora assonnato che pian piano divenne spaventato, col nome del compagno invocato e nella gola strozzato, vide, al posto del paesaggio rammentato uno trasfigurato e a lei sconosciuto. Con il cuore avvilito e l’animo prostrato, preso il suo arbusto di rami secchi impolverato, fuggì da quell’addio subìto che, in realtà, aveva solo immaginato. Il povero Claus ritornato e trovato l’uscio spalancato, col camino addormentato, il pavimento di neve ammantato, capendo di essere stato abbandonato, ma non il motivo per cui ciò era accaduto, conscio che il bel tempo era finito e un gelido inverno da quel momento lo avrebbe abitato, si ritrovò trasformato in un attempato, pingue, barbuto e canuto che più Babbo che Natale doveva essere appellato. Anche Strenia, col corpo improvvisamente incurvato, il naso uncinato e lo sguardo adombrato, dopo aver meditato, decise che il suo nome in Befana avrebbe cambiato e, da quel momento, col carbone avrebbe punito chi con l’amore avesse giocato.
Ma in una notte dal cielo stellato, che ricordava quello che entrambi nel cuore avevano serbato, il destino impietosito dal dolore che aveva loro arrecato, riportò il presente al passato, il loro viso da appassito a rifiorito e l’amore da perduto a ritrovato. Con lo sguardo innamorato e senza verbo proferito decisero che ognuno, in un giorno prestabilito, avrebbe portato a ogni piccolo nato, desiderato o capitato, robusto o delicato, felice o sconfortato, fiducioso o disperato, un dono che, almeno il 25 e il 6, avrebbe annullato quelle differenze che un fato capriccioso aveva decretato.
A voi cari amici, che questo amore travagliato fino ad oggi avevate ignorato, l’augurio di un 2019 fortunato e da ogni bene accompagnato.
Dalla favola d’amore alle leggende
Strenia, il nostro nome di fantasia per chiamare la giovane Befana, secondo molte leggende deriverebbe dalla divinità romana Strenia o Strenua, dea della potenza, della Prosperità e della Fortuna il cui culto avrebbe avuto origini sabine. Si narra, inoltre, che ai tempi di Romolo la strenna era anche un fascio di rami di una pianta propizia che cresceva rigogliosa in un bosco sulla via Sacra, consacrato a questa divinità. E la nostra vecchina, Strenia/Befanina, proprio con una scopa di rami secchi si muove.
Claus, Santa Claus, Babbo Natale, deriverebbero dallo stesso personaggio storico, San Nicola, vescovo di Myra, considerato protettore dei bambini perché si narra che ritrovò e riportò in vita cinque fanciulli, rapiti ed uccisi da un oste. San Nicola, a sua volta, secondo alcuni studiosi, sapete quale divinità andò a sostituire? Il dio Saturno. Presso i romani, infatti, dal 17 al 23 dicembre, in concomitanza con il Solstizio d’Inverno, si svolgevano i Saturnali, una festività religiosa durante la quale era consuetudine scambiarsi dei doni e intrattenersi in grandi banchetti e feste per celebrare l’abbondanza ricevuta durante l’anno. L’appellativo Santa Claus, infine, ha origine da Sinterklaas, il nome olandese di san Nicola.