Mentre si intensifica la campagna vaccinale per debellare l’emergenza sanitaria, in un panorama che vede i contagi e il tasso di positività crescere con la variante Delta del Coronavirus, anche se le terapie intensive e i reparti ordinari non preoccupano, prosegue il dibattito tra esperti e organizzazioni internazionali sulla necessità di somministrare una terza dose di vaccino contro il Covid-19.
Secondo l’Agenzia europea per i medicinali (EMA) “al momento è troppo presto per confermare se e quando ci sarà bisogno di una dose di richiamo” e sulla mutazione “Vitali 2 dosi contro la variante Delta”.
Eppure, la possibilità di procedere all’inoculazione della terza dose sembrava scontata, lo aveva annunciato qualche settimana fa anche il generale Francesco Figliuolo, commissario straordinario per l’emergenza Covid. Ma ora prevale la cautela ed Ema fa dietrofront perché “non ci sono ancora abbastanza dati dalle campagne vaccinali e dagli studi in corso per capire quanto a lungo durerà la protezione dei vaccini”, ha puntualizzato il responsabile della strategia vaccinale dell’ente regolatorio Marco Cavaleri.
Franco Locatelli, coordinatore del Comitato Tecnico scientifico (Cts), invita a “farsi trovare pronti”, anche se “ad oggi non abbiamo evidenza di quanto duri la risposta immunitaria alla vaccinazione”. Mentre il direttore dell’Istituto nazionale per la ricerca sulle malattie infettive degli Stati Uniti, Anthony Fauci, evidenzia che “in base ai dati disponibili, al momento Fda e Cdc (gli organismi responsabili per la protezione della salute pubblica negli Usa, ndr) non pensano che sia necessaria una terza dose”. Anche se “questo non vuol dire che le cose non possano cambiare. Prima o poi – ha aggiunto – potremmo aver bisogno di un ’booster’ per tutti o per alcuni gruppi selezionati, come gli anziani o le persone con patologie preesistenti”.
E poi, prima di provvedere all’iniezione della terza dose, occorre innanzitutto elaborare i dati sulla seconda somministrazione del vaccino e, prima di tutto, aderire al numero raccomandato di dosi.
“Ancora non abbiamo studi sui titoli anticorpali dopo la seconda dose di vaccino, finché non avremo questi dati non potremo sapere se, come e quando farla”, spiega Massimo Ciccozzi, direttore dell’Unità di Statistica medica ed Epidemiologia del Campus Bio-medico di Roma. E ha aggiunto che probabilmente Sars-CoV-2 “sarà nostro compagno di viaggio finché non diventerà un coronavirus umano. Si adatterà sempre di più a noi e magari dovremo fare una vaccinazione ogni anno come con l’influenza”
Insomma, al momento la cosa più importante è completare il ciclo di vaccinazione con il richiamo alla seconda dose e c’è da vaccinare una bella fetta di popolazione italiana. Più che una chiamata alla terza dose, per scongiurare la diffusione della variante Delta l’EMA ha invitato i Paesi ad accelerare i programmi di vaccinazione, colmando le lacune immunitarie e riducendo le occasioni di contagio e sviluppo di nuove varianti. Invece che vaccinare chi lo è già, quindi, l’obiettivo è arrivare a chi non ha iniziato, o portato a termine, il percorso di immunizzazione.
Molto dipenderà dallo scenario epidemiologico del prossimo autunno, dal numero dei ricoveri, e quindi di infezioni da SarsCoV2, quale possibile indicatore ragionevole per la determinazione nei cambi colore delle Regioni, in quanto peserà di più il tasso di ospedalizzazione rispetto agli altri parametri secondo il Ministro della Salute Roberto Speranza.
Perché, a parte la mutazione Beta che, secondo l’ultima indagine dell’Iss, non è stata ancora rilevata in alcuna Regione d’Italia, ma che allerta la Francia, aumenta la preoccupazione per il diffondersi in maniera capillare della variante Delta, più contagiosa, del virus.