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Report di "Libera"

Beni confiscati alla mafia e trasparenza. “RimanDATI”: le difficoltà e i ritardi dei comuni in Sicilia

martedì 30 Aprile 2024
beni confiscati alla mafia-ANBSC

Nei giorni scorsi è stata presentata a Roma la terza edizione del Report nazionale “RimanDATI” di Libera che indaga sullo stato della trasparenza degli enti territoriali in materia di beni confiscati. Dei Comuni che mancano all’appello, più di 240 si trovano al Sud e nelle isole, dove si concentrano più della metà dei Comuni destinatari e la maggior parte dei beni confiscati.

Il report è stato realizzato dall’associazione “Libera” in collaborazione con il Gruppo Abele e il Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino e che quest’anno si arricchisce di un prezioso contributo di ISTAT

beni confiscati

 

Nel rapporto di quest’anno, per la prima volta, i Comuni che pubblicano l’elenco dei beni confiscati sul proprio sito sono in aumento, più di sei su dieci. Per la precisione sono 724 su 1.100. Con un incremento significativo (+78%) rispetto al 2022.

I dati del 2023 mostrano allo stesso tempo che ancora il 40% dei Comuni non passano l’esame della trasparenza. L’incremento è comunque significativo e lascia ben sperare per il futuro.

 

I dati: al Sud e in Sicilia meno trasparenza, ma anche più beni confiscati da gestire

 

Dei Comuni che mancano all’appello, più di 240 sono al Sud e nelle isole. Ma bisogna considerare che è proprio qui che si concentrano più della metà dei Comuni destinatari (il 57%). E anche la maggior parte dei beni confiscati (più dell’80%).

Al Centro e al Nord, infatti, se ne trovano poco meno di tremila su 13mila, distribuiti in 476 Comuni. La maggior parte dei quali gestiscono da uno a tre beni confiscati.

 

Comuni per numero di beni confiscati

 

Nel Mezzogiorno, invece, un centinaio di Comuni si trova a gestire più di trenta beni confiscati, e altri 143 da 11 a 30 beni. In generale, “nel Centro-Nord la presenza di beni confiscati sembra essere associata agli investimenti mafiosi in contesti più economicamente avanzati; nel Mezzogiorno la concentrazione dei beni è maggiore nei territori più svantaggiati e sembra essere associata al controllo del territorio da parte delle organizzazioni mafiose, più che agli investimenti economici criminali”, si legge nel rapporto.

 

 

 

Sicilia, i dati delle Città Metropolitane e della Regione

 

Anche in questo terzo Report trovano spazio, oltre ai comuni, gli enti territoriali ai quali, secondo il Codice Antimafia, possono essere destinati – sebbene in via sussidiaria rispetto ai comuni – beni confiscati. Parliamo di province, città metropolitane e regioni. Tali enti, al pari dei comuni, sono obbligati alla pubblicazione degli elenchi. Con riferimento a questi enti, che per facilità di lettura definiremo sovracomunali,

Le regioni storicamente a più alta concentrazione mafiosa – quelle del Sud e la Sicilia – rimangono prime in classifica, ma percentuali importanti di confische si registrano anche al centro e al nord.

Se ne ricava, dunque, che, su 11 province e città metropolitane destinatarie di beni confiscati, ancora più del 45% non pubblica gli elenchi; e che, delle 6 regioni italiane, destinatarie di
beni confiscati, solo la metà adempie all’obbligo di pubblicazione.

 

 

Le Regioni “più trasparenti”, ovvero in cui più del 70% dei Comuni pubblica l’elenco, sono Liguria (ben l’87,5%), seguita da Emilia-Romagna, Puglia e Piemonte. In Basilicata, Calabria, Lazio e Molise, invece, meno del 50%. Ma, rispetto all’anno precedente, i dati sono migliorati per tutti le Regioni.

Purtroppo, però, tra gli enti territoriali sovra-comunali destinatari di beni confiscati, risultano inadempienti ancora tre province (quelle di Crotone, Matera e Messina). E anche due Regioni (Calabria e Lazio).

I dati estratti da Open Re.g.i.o. al 22 febbraio 2023 ci restituiscono il quadro di 17 enti destinatari di beni confiscati (7 città metropolitane, 4 province e 6 regioni), per un totale di beni trasferiti al proprio patrimonio pari a 464.

Ancora piuttosto bassa la percentuale in Sicilia, dove, a fronte del 29,9% del 2022, nel 2023 si arriva solo al 32,4%. È bene in ogni caso ricordare che tali considerazioni vanno lette con la massima cautela, dato il significativo peso relativo degli immobili confiscati che gli enti locali in queste regioni sono chiamate a gestire.

Merita una menzione specifica il caso della Regione Siciliana all’interno del report che è stata nuovamente classificata come “inadempiente”.

Tuttavia, la Regione ha chiarito che i dati sui beni confiscati sono pubblicati su un portale dedicato in cui vengono riportate alcune informazioni sui beni confiscati, talvolta anche abbastanza dettagliate.

Dopo una seconda verifica, l’elenco è stato pubblicato in formato tabellare nella sezione Amministrazione Trasparente del sito. Questo cambia la sua classificazione che risulterà quindi regolarmente “adempiente” alla seconda ricognizione

 

 

Le proposte di Libera, il focus su Pnrr e fondi per i beni confiscati

 

Il rapporto contiene un focus sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) che include le misure e finanziamenti per i beni confiscati, inizialmente previsti per 300 milioni di euro e destinati a oltre 200 progetti in otto Regioni del Sud.

I fondi sono assegnati alla Missione 5 – Inclusione e coesione – Componente 3 – Interventi speciali per la coesione territoriale e Investimento 2 – Valorizzazione dei beni confiscati alle mafie.

Questo piano di investimenti è stato suddiviso in due linee di finanziamento: una con 250 milioni, regolata da un Avviso pubblico, e l’altra con 50 milioni, gestita attraverso una procedura concertativa-negoziale.

 

La ripartizione dei progetti prevedeva una percentuale alta in Abruzzo, con il 59% di progetti approvati (13 su 22). Seguono la Calabria (46%, 59 progetti approvati su 128 presentati), la Puglia (43%, 40 su 93), la Campania (42,6%, 75 su 176) e la Sicilia il 36,5% (64 su 175). Mancavano all’appello la Sardegna e il Molise, che non erano risultati tra i territori assegnatari di fondi.

 

Uno stanziamento ingente. Su cui, però, non sono mancate poi le criticità. Se inizialmente il problema sembrava essere la mancanza di misure specifiche per le altre Regioni – e soprattutto – di un “coinvolgimento strutturale del Terzo Settore nella definizione dei progetti”, oggi il problema è burocratico ed economico.

Infatti, dopo la pubblicazione della graduatoria definitiva già a marzo 2023, con cui venivano selezionati 254 progetti in 166 enti destinatari di beni confiscati, a luglio del 2023 lo stanziamento sparisce dal Pnrr, vittima della famosa revisione del piano portato avanti dal governo Meloni.

Con la promessa che i fondi sarebbero stati trovati da un’altra parte. Ad oggi, le incertezze sui fondi non sono ancora state risolte, e, come denuncia Libera, il rischio che un’occasione storica e straordinaria si trasformi in un’occasione persa è sempre più concreto.

 

Il monitoraggio di Libera

 

Il Report di Libera è frutto del lavoro di oltre 100 volontari, che hanno monitorato la trasparenza nei comuni italiani. Inizialmente, su 1100 comuni, 504 pubblicavano già l’elenco dei beni confiscati, mentre agli altri è stata inviata una richiesta di accesso civico semplice.

 

La seconda fase ha coinvolto tutti i comuni che hanno risposto alla domanda di accesso civico semplice. La terza edizione del Report ha analizzato 1127 enti, tra comuni, province, città metropolitane e regioni, dal 12 aprile al 7 agosto 2023.

Successivamente, è stata condotta una ricognizione dei siti internet istituzionali, coinvolgendo 710 enti che hanno risposto alla richiesta.  Di questi, 695 comuni, 11 province e città metropolitane, e 4 regioni sono stati inclusi nella valutazione.

 

 

Una fondamentale attività dedita alla trasparenza degli enti locali. Perché, come sostiene Tatiana Giannone, responsabile nazionale Beni Confiscati di Libera, “la trasparenza deve essere considerata anch’essa un bene comune”. Ed è qui che, come spiega Giannone, entra in gioco il rapporto di Libera: “RimanDATI è uno strumento per attivare rapporti con il mondo degli enti territoriali di prossimità, che sono ingranaggio fondamentale dell’intera filiera della confisca e del riutilizzo, e per far crescere in modo esponenziale le storie di rigenerazione intorno ai beni confiscati, preservando lo strumento della confisca nel suo senso risarcitorio più profondo”.

 

Tatiana Giannone

 

Anche se, purtroppo, la gestione dei beni non è sempre così semplice con la legge 109/96 che permette di restituire alla comunità i beni confiscati alle mafie.  Una legge che regola la confisca dei beni di proprietà degli esponenti mafiosi e, soprattutto, la loro riassegnazione. Grazie ad essa, case, terreni, aziende, oggetti un tempo di proprietà della criminalità organizzata possono diventare patrimonio della collettività. A gestirli nella loro nuova vita sono gli enti pubblici o, spesso, organizzazioni del terzo settore che li ottengono in comodato d’uso.

Ma la cui applicazione rivela ancora molte problematiche come la prima citata trasparenza degli enti locali nella mappatura efficace dei beni, ai tempi medi lunghissimi che passano dal sequestro all’uso sociale del bene che possono passare a più di 10 anni. Di migliaia di beni gestiti dall’Agenzia nazionale dei beni confiscati (Anbsc) sono ancora occupati illegalmente dai vecchi proprietari mafiosi e altre decine di migliaia semplicemente abbandonati.

 

Anbsc
Valorizzazione dei Beni Confiscati: le proposte di Libera per una Gestione Trasparente

Il rapporto presenta anche una serie di proposte (frutto anche del percorso “Raccontiamo il bene“) per garantire trasparenza e consapevolezza sempre maggiori. Si va dalla necessità di attivare alleanze strategiche con gli enti locali valorizzando le esperienze positive, al consolidamento di pratiche di governo aperto volte a garantire trasparenza in tutta la fase di gestione dei beni confiscati.

Nel processo di restituzione dei beni confiscati, secondo Libera, è essenziale garantire trasparenza e coinvolgimento della società civile. E in questo ambito l’Ansbc svolge un ruolo chiave nel facilitare la collaborazione tra governo centrale e enti locali.

Per una gestione completa e tempestiva, secondo l’associazione, è necessario sviluppare un modello di raccolta dati univoco e un’applicazione nazionale per catalogare le informazioni. Gli enti comunali devono valorizzare e tutelare i beni confiscati, coinvolgendo attivamente la comunità.

Il monitoraggio costante degli spazi confiscati e la condivisione di esperienze virtuose sono fondamentali per migliorare le pratiche di gestione. Libera rilancia la necessità che gli enti territoriali devono aderire al portale OpenRegio e adottare formati standard per una maggiore trasparenza. E che la società civile si impegni a sostenere questo processo attraverso la formazione dei funzionari pubblici, garantendo competenze adeguate per una gestione efficace dei beni confiscati.

 

Fonte dati: Terzo report nazionale “RimanDATI” – Libera

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