La tragedia della strage delle foibe, voluta dal maresciallo Tito, è una di quelle pagine più buie, orribili e vergognose della Storia.
Perché vergognosa? Perché cancellata volutamente per decenni dai vincitori e dagli stessi connazionali. Sì perché Istria, Fiume e Dalmazia erano italiane, certamente zone di confine, ma sempre italiane.
Il Giorno del Ricordo, istituito con legge dello Stato nel 2004, ci interroga non solo sulle cause della tragedia, ma anche su quelle che la tennero nascosta.
Difatti, la Legge n. 92 del 30 marzo 2004 recita nel primo articolo:
“La Repubblica Italiana riconosce il 10 febbraio quale «Giorno del Ricordo» al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.
Nonostante questo, però, ci sono voluti oltre 70 anni perché un Presidente della Repubblica (Mattarella) parlasse di “genocidio contro gli italiani” e, nonostante ciò, esiste ancora il negazionismo che, per chi non lo sapesse, secondo la legge n. 115 del 2016, è un reato.
La Sicilia
La tragedia delle Foibe e dell’esodo, non è un fatto storico lontano nel tempo e nello spazio.
Tanti i siciliani i morti in quelle terre, trasferiti per lavoro: docenti, preti e forze armate, pochi dei quali hanno trovato conforto nella sepoltura, in quei cimiteri che portano nomi italiani.
Inoltre, nell’Isola arrivarono circa 6000 esuli smistati in 2 Campi Profughi: Termini Imerese e Cibali.
Perché è importante “Ricordare”?
Perché è una storia che per troppo tempo è stata nascosta, interpretata e strumentalizzata politicamente, senza rendersi conto che si trattava di vite umane. Oltre 12 mila sono le vittime strappate con violenza alla vita, 350 mila le persone che sono fuggite per salvarsela.
Perché c’è chi ancora minimizza, giustifica o mistifica.
Ricordare per onorare chi ha attraversato queste tragedie e ha dovuto ricostruire la propria esistenza lontano dalle proprie radici.
Ricordare perché, grazie agli averi degli esuli, le loro case, e le loro terre sono stati pagati i danni di guerra.
Creare memoria storica e sensibilizzare i giovani perché, oltre a stimolare la riflessione ed offrire le conoscenze appropriate per promuovere una cultura di pace fondata sul dialogo, si richiama il nostro animo all’urgenza di giustizia, di verità e di bellezza.