La giunta di governo ha da poco approvato tre proposte dell’assessore dei Beni culturali e dell’Identità siciliana Sebastiano Tusa, all’insegna di quella potestà legislativa primaria (o esclusiva) di cui la Regione gode in forza della sua autonomia. Con un disegno legislativo si intende riformare la legge 20 del 2000 (legge Granata), che, oltre ad aver istituito il Parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi, disciplina l’istituzione di tutti gli altri parchi archeologici.
Si tratta di una normativa lungimirante che ha introdotto una radicale innovazione nella concezione stessa della tutela, passando da un approccio vincolistico a uno che contempera la tutela e la valorizzazione, considerando anche i parchi archeologici come strumenti di sviluppo economico sostenibile dei territori in cui ricadono.
In anticipo di tre lustri sulla riforma targata Franceschini che ha introdotto nel Mibact musei e parchi autonomi, a diciotto anni dalla sua introduzione questa legge pionieristica necessita, però, di una fondamentale revisione, che vada non solo nella direzione di un aggiornamento, ma che intervenga anche su contraddizioni e carenze che, insieme a responsabilità politiche e amministrative, spiegano perché dopo tutti questi anni i parchi archeologici siciliani dotati di autonomia finanziaria e gestionale siano ancora solo tre: Valle dei Templi, Naxos e Selinunte.
Con un altro disegno di legge si intende, invece, procedere al necessario ripensamento non solo della composizione, già discutibilmente ritoccata dal governo Crocetta, del Consiglio regionale dei Beni culturali stabilita dalla lontana legge 80 del 1977 (con la quale si fondò in Sicilia un sistema dei beni culturali parallelo a quello dello Stato), ma anche per riconsiderare natura e compiti di quest’organo consultivo
che fornisce parere e indicazione su tutte le più importanti questioni inerenti al patrimonio culturale regionale, non ultimi quelli proprio sulla realizzazione dei parchi archeologici.
Infine la giunta ha autorizzato Tusa a intraprendere le trattative utili all’acquisizione al patrimonio del Parco archeologico di Naxos del Castello di Schisò, intenzione già dichiarata dal predecessore Vittorio Sgarbi nel dicembre scorso (dagli sviluppi di questa vicenda fino ad oggi abbiamo raccontato anche su questa testata).
Si tratta di tre temi oggetto, in alcuni casi da anni, di mie inchieste su «Il Giornale dell’Arte» e che a partire dalla prima «puntata» dedicata ai parchi archeologici riprenderò alla luce di queste nuove iniziative legislative, desiderando informare preliminarmente il lettore che a chi scrive dal 3 luglio scorso è stato riconfermato dallo stesso assessore Tusa l‘incarico assegnato da Sgarbi di realizzare il progetto degli «Stati Generali dei Beni Culturali in Sicilia. Seconda conferenza regionale».
A ben 27 anni dalla prima e ultima conferenza tenutasi in Sicilia e a distanza di oltre quarant’anni dal trasferimento dalla Stato alla Regione di tutte le competenze in materia di beni culturali, gli “Stati Generali” intendono costituire il punto di partenza per l’avvio di una riforma di un settore ormai prossimo alla paralisi per gravi e molteplici problemi strutturali.
Le riforme già in itinere, intanto, pur contraddistinte da una «visione» più consapevole che in passato delle politiche culturali, invitano ad alcune riflessioni.