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Depistaggio via D’Amelio, i boss scagionati chiedono i danni allo Stato per 50 milioni

mercoledì 29 Agosto 2018
Paolo Borsellino

Dopo il danno pure la beffa. Non bastava il colossale depistaggio accertato ormai in sede giudiziaria, a 26 anni dalla Strage di via D’Amelio. Le dichiarazioni del falso pentito Vincenzo Scarantino (che più volte aveva denunciato di essere stato “manovrato” e picchiato da agenti di polizia) adesso hanno aperto la strada ad un maxi risarcimento ai danni dello Stato.

A chiederlo i legali di Cosimo Vernengo, Giuseppe La Mattina, Gaetano Murana, Gaetano Scotto e Natale Gambino, i cinque mafiosi accusati ingiustamente dell’eccidio del 19 luglio 1992. Ammonta a cinquanta milioni di euro la richiesta di risarcimento danni avanzata tramite i loro avvocati Giuseppe Dacquì, Giuseppe Scozzola e Rosalba Di Gregorio.

Dieci milioni di euro ciascuno “per i danni all’immagine che quell’accusa ha comportato, per essere stati detenuti all’isolamento e aver subito il carcere duro. Sono stati etichettati ingiustamente come stragisti“, ha spiegato l’avvocato Giuseppe Dacquì, legale di Natale Gambino.

Mario Bo
Mario Bo

L’istanza è già stata depositata nell’ambito dell’udienza preliminare fissata per il 20 settembre, davanti al Gip del Tribunale di Caltanissetta e che vede imputati il questore Mario Bo, gli ispettori Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, componenti del pool “Falcone – Borsellino”, accusati di aver depistato le indagini manovrando il falso pentito Vincenzo Scarantino. Gli avvocati hanno citato come responsabili civili la presidenza del Consiglio dei ministri e il ministero dell’Interno.

Grazie alle rivelazioni del pentito Gaspare Spatuzza si è recentemente riscritta la storia. Si è accertato il depistaggio (“Uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana”) dei fatti raccontati da Scarantino. Alcuni fatti erano effettivamente avvenuti, solo che i protagonisti erano altri. Dunque la domanda che si dovranno porre i pm nei prossimi processi è: «Chi ha suggerito ai suggeritori?».

Ci sono ombre sull’ex capo della squadra mobile di Palermo Arnaldo La Barbera, a libro paga dei servizi segreti, morto poi nel 2002. A difendere Mario Bo l’avvocato Nino Caleca.

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