Dalle prime luci dell’alba è in corso a Catania un’operazione che riguarda la confisca di beni nei confronti di un elemento di vertice dell’organizzazione mafiosa Santapaola–Ercolano.
Il patrimonio confiscato, del valore complessivamente stimato di oltre due milioni di euro, consiste in due società operanti nel settore dell’edilizia, due appartamenti, tre garage, un locale deposito ed un conto corrente.
L’operazione è condotta dagli agenti della D.I.A. di Catania, diretta dal 1° Dirigente della Polizia di Stato Renato Panvino, su richiesta della Procura della Repubblica di Catania diretta da Carmelo Zuccaro.
La confisca riguarda i beni di Orazio Benedetto Cocimano, di 54 anni, ritenuto dagli investigatori un elemento di vertice del clan. A portare a termine l’operazione, gli agenti della Dia di Catania, diretta dal 1° Dirigente della Polizia di Stato Renato Panvino, in sinergia con la Procura della Repubblica etnea, in esecuzione di un decreto emesso dal Tribunale di Catania – Sezione Misure di Prevenzione. Accertamenti patrimoniali hanno evidenziato una rilevante sproporzione tra redditi dichiarati, attività svolta ed i suoi arricchimenti patrimoniali.
Il provvedimento giunge a completamento del procedimento scaturito dalla proposta di applicazione di misura di prevenzione a firma del direttore della D.I.A. nei confronti di Cocimano, a seguito della quale il Tribunale di Catania – Sezione Misure di Prevenzione – aveva emesso due decreti di sequestro dei beni dell’uomo, rispettivamente il 30 settembre del 2015 ed il 21 aprile del 2016.
Più volte arrestato già nella metà degli anni ’90 per estorsione, Cocimano il 3 maggio del 2000 era stato raggiunto da una nuova ordinanza di misura cautelare nell’ambito dell’operazione di Polizia “Orione 3” per il reato di associazione mafiosa. Ritenuto particolarmente vicino al boss santapaoliano Maurizio Zuccaro, il collaboratore Santo La Causa lo ha indicato come componente del gruppo di fuoco che nel 1996 uccise Luigi Ilardo, confidente del Colonnello dei carabinieri Riccio negli anni della ricerca dell’allora latitante capo di cosa nostra Bernardo Provenzano. Lo stesso collaboratore riferisce un ruolo di Cocimano anche nell’omicidio del rampollo dei Santapaola, Angelo. Nel 2011 Cocimano era stato nuovamente arrestato per estorsione aggravata dal metodo mafioso. Nel luglio del 2014 Cocimano era stato nuovamente arrestato dalla nell’ambito dell’operazione “Ghost”. Dopo l’arresto di Santo La Causa, di Carmelo Puglisi e, nell’ambito dell’operazione “Iblis”, di Francesco Carmelo Arcidiacono, Cocimano aveva raggiunto il vertice operativo dell’organizzazione diventando alla fine del 2009 e fino al 2011 reggente operativo dell’ala militare della famiglia e detentore della “cassa degli stipendi”.
Cocimano è stato inoltre più volte sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, nel 2011 e nel 2013.