“Non rimandare i controlli e soprattutto non aver paura, perché la prevenzione può salvare la vita”. È l’appello lanciato dalla biologa Elena Pozzecco, 32enne dipendente del Dipartimento oncologico “La Maddalena” di Palermo, che pochi mesi fa, dopo un controllo, ha scoperto di avere un tumore al seno.
La donna, che lavora da sette anni nel reparto di Ematologia della struttura sanitaria, ha voluto rendere pubblica la sua esperienza, per sensibilizzare tutte le donne in occasione del mese della prevenzione del cancro al seno che annualmente si svolge ad ottobre.
Tutto è nato da un piccolo disturbo che ha spinto la biologa a sottoporsi ad un’indagine diagnostica, all’interno dell’ospedale dove lavora. “Era un fastidio che attribuivo al reggiseno – racconta – poi a metà febbraio di quest’anno, ho fatto un controllo ed è stato trovato un nodulo”. Dopo l’intervento chirurgico, la biologa si è sottoposta a un primo ciclo di chemioterapia e, nelle prossime settimane, continuerà a curarsi seguendo i protocolli previsti in casi simili. L’intervento è perfettamente riuscito e la situazione attualmente non desta preoccupazioni.
“Quando ho saputo della malattia – prosegue la donna – il panico ha preso il sopravvento. Poi, credo di aver reagito bene, anche grazie al supporto dei colleghi e delle colleghe. Ho ricevuto consigli su come curare il mio look, dal momento che i capelli dopo la chemioterapia hanno iniziato a cadere. Ho comprato diversi parei che ho trasformato in turbanti, all’inizio è stato difficile, ma poi ho imparato a conviverci. Adesso i capelli stanno cominciando a ricrescere e dei turbanti non c’è più bisogno”.
Il messaggio che Elena Pozzecco vuole lanciare in occasione del mese della prevenzione, è chiaro: “Faccio parte di associazioni per la lotta al cancro da quando avevo dieci anni e partecipo a tutte le manifestazioni di raccolta fondi. La prevenzione è tutto, a partire dall’autopalpazione che noi donne non dovremmo mai trascurare. Capisco che la paura può far desistere dai controlli, ma è importante non perdere tempo. Spesso si tende a rimandare, ma anche pochi mesi cambiano tutto. Nel mio caso c’era già un’invasione vascolare che in sei mesi sarebbe diventata un linfonodo positivo, con conseguenze che potevano essere pericolose”.
“Quello che aiuta in questi casi – conclude la biologa – è sforzarsi di continuare a fare quello che si fa ogni giorno e non perdere la routine quotidiana. A me è servito moltissimo andare a lavorare, perché stare in casa era peggio. Bisogna reagire con pensieri positivi, tenere su l’umore e circondarsi di persone che ti fanno stare bene”.