Oltre al danno la beffa. Per effetto del decreto sicurezza che prevede al suo interno, tra gli articoli, la possibilità che i beni confiscati alla mafia in Sicilia confluiscano in un fondo unico nazionale, si configura il rischio concreto di vedere sfumare importanti risorse.
Il deputato di Fi Giusi Bartolozzi con un’interrogazione parlamentare prova a fare chiarezza: “Vorremmo capire dal 2011 quanti sono i beni confiscati in Sicilia, quanti ne hanno venduti, a che cosa sono state destinate le somme. Non vorremmo scoprire che siano state utilizzate per investimenti al nord. Rimane da capire anche il valore medio a cui sono state vendute e la Regione di distribuzione di queste risorse”.
Nel fondo unico infatti non è previsto che ci sia una diretta corrispondenza tra il luogo di confisca, in questo caso la Sicilia e l’utilizzo delle risorse.
Nell’interrogazione presentata dal parlamentare forzista si fa riferimento all’incidenza del: ” paradosso, già contenuto nella norma previgente del codice del 2011 (art. 48, 10 c.), secondo il quale alle popolazioni che hanno subito il giogo mafioso è riservata una doppia penalizzazione – la prima dalla criminalità mafiosa, che si è arricchita con estensioni, racket, sfruttamento a danno di cittadini ed imprese, – la seconda dello Stato che, confiscando le ricchezze raccolte dai criminali e poi vendendone i beni sul mercato, non destina le risorse che da tale vendita derivano alle popolazioni vessate”.
Insomma, si chiede il parlamentare forzista, quante volte la Sicilia debba pagare un prezzo elevato rispetto alla premessa in questione?