E’ piombata in un silenzio assordante la discussione sulla stabilizzazione dei lavoratori ex Pip del bacino “Emergenza Palermo”. Dall’incontro tenutosi a fine settembre all’Ars non è emerso nulla di nuovo. Anzi sembra che le forze politiche, che in quell’occasione si erano mostrate attente e disposte a studiare un ventaglio di soluzioni a tutela della categoria, sia entrata in letargo. Il buon esito dell’iter, infatti, dipende dal giudizio di legittimità della Corte Costituzionale chiamata in causa dall’impugnativa del governo nazionale. Secondo Roma la legge votata dal Parlamento siciliano, che prevede il passaggio di questi lavoratori alla Resais e la firma di un contratto a tempo indeterminato, è viziata da profili di incostituzionalità.
L’immobilismo di queste ultime settimane ha spinto la segretaria generale della Fisascat Cisl Sicilia, Mimma Calabrò, a lanciare un nuovo monito. “Nei giorni scorsi abbiamo reiterato la richiesta di audizione in Commissione Bilancio per ricevere informazioni sullo stato della vertenza dal momento che, purtroppo, sembra che la vicenda si trovi all’ennesima impasse”, afferma la sindacalista. “Alla fine del mese di settembre, durante l’ultima audizione presso la Commissione Bilancio, le parti istituzionali si erano assunte l’onere di portare avanti le interlocuzioni e gli adempimenti con Resais che avrebbero permesso di conoscere a quali condizioni contrattuali i lavoratori sarebbero transitati da gennaio 2019”.
“Inoltre, abbiamo appreso favorevolmente che, d’ora in avanti, dovrebbe essere la Regione Siciliana ad occuparsi del pagamento diretto del sussidio. Da anni, infatti, sostenevamo come l’internalizzazione del servizio potesse servire a snellire l’intero processo dei pagamenti accorciandone i tempi per l’erogazione e risparmiando sulla gestione delle risorse”, afferma la Calabrò che tuttavia su questo punto mostra alcuni timori. “E’ lecito, infatti, chiedersi se sia avvenuto il corretto e completo trasferimento di dati e competenze dall’Inps alla Regione Siciliana, al fine di permettere che emolumenti, assegni familiari e detrazioni continuino ad essere applicati, come avvenuto fin’ora”.
“Non dimentichiamoci – conclude la sindacalista – che il 31 dicembre è ormai alle porte e che, fra l’altro, i ben noti 60 giorni di tempo concessi ai lavoratori per operare la fatidica opzione di scelta sono probabilmente già scaduti. Non possiamo affrontare la vicenda in maniera caotica e compulsiva, anzi, è necessario che lo si faccia in maniera più che ragionata. Ne va del destino di circa 2.600 persone e delle loro famiglie che, da oltre 18 anni, attendono la tanto agognata stabilizzazione che possa dar loro quella dignità lavorativa da sempre ricercata ma mai raggiunta”. Senza un paracadute legislativo, infatti, in caso di sentenza sfavorevole da parte dei giudici queste persone potrebbero trovarsi fuori da tutto.