Ha piantato un seme nella zona sud, in uno dei villaggi spesso dimenticati, Giampilieri, là dove ha iniziato il tour elettorale. Un gesto concreto e simbolico nello stesso tempo.
“È la nascita di qualcosa di nuovo che germoglia e si radica- ha commentato Franco De Domenico candidato sindaco del centrosinistra- la metafora perfetta per riassumere quella svolta culturale che vogliamo per la città e che dovrà cancellare ogni distinzione tra centro e periferie”.
Il primo tour nei villaggi del segretario cittadino del Pd ha toccato anche Giampilieri Marina, Briga San Paolo, Briga Superiore, Altolia e Molino. Grande entusiasmo, numerose presenze, voglia di confrontarsi e tante proposte hanno caratterizzato l’inizio del viaggio elettorale nei 48 villaggi cittadini.
A Giampilieri Superiore, nel giardino di piazza Pozzo, De Domenico ha piantato un seme di limone: “Piantare un seme significa dare vita a qualcosa di nuovo – spiega – proprio come nuova è la nostra visione per questa città. Messina deve tornare a respirare aria di normalità, superando tutte quelle emergenze che da troppo tempo le tarpano le ali. Una città che trovi nella coesione la forza per attrarre investimenti, al pari di quanto stanno facendo tanti altri territori meridionali”.
Franco De Domenico ambisce a una Messina finalmente europea, “nella sua capacità di garantire qualità della vita ai propri cittadini. Inoltre, bisogna creare le condizioni migliori per la nostra comunità all’interno della quale la politica non sia più terreno di contrapposizione, ma di confronto leale e costruttivo”.
De Domenico ha visitato anche case private, messinesi che hanno aperto le porte delle loro abitazioni per raccontare problemi personali, ma con grande dignità e nutrendo ancora speranza: “Questi villaggi – afferma il candidato sindaco – devono essere pietra miliare nella memoria storica della Messina che vogliamo. Qui Il fango che travolse queste zone deve trasformarsi in terra fertile, ambiente di rinascita e di riscossa“.
Poi una riflessione sul referendum Montemare, “non basta dire no al referendum. Oggi la distanza geografica dei villaggi dal centro è anche distanza di opportunità e differente qualità di servizi e occasioni di sviluppo. Bisogna opporsi all’idea che l’autonomia possa risolvere i problemi, ma allo stesso tempo offrire alternative concrete, basate su serie e reali politiche di decentramento”