Sono passati solo pochi giorni dalla pubblicazione della graduatoria da parte del Comune, che è più un calendario delle attività che saranno svolte alla Sala De Seta fino a fine giugno, ma non tardano a farsi sentire i rappresentanti delle associazioni. Prima Lumpen, per la voce di Francesco Guttuso e Franco Maresco, ora Sicilia Queer e SudTiles, per la voce di Andrea Inzerillo.
“E’ un passo in avanti ma certo non siamo trionfanti – spiega Inzerillo – il Comune ci ha chiesto di calendarizzare le attività per non organizzare tutto all’ultimo minuto e lo abbiamo fatto, ma se in corso arrivassero altri progetti?“. Il Comune di Palermo ha infatti assegnato, si fa per dire, a sei realtà culturali locali – e legate al cinema – la programmazione delle serate al cinema comunale intitolato a Vittorio De Seta che si trova all’interno dei Cantieri Culturali della Zisa. Institut Français, Associazione Culturale Lumpen, Associazione Culturale Sicilia Queer, Associazione Culturale SudTitles, Associazione Culturale Piccolo Teatro Patafisico e Associazione Artistica Culturale e Ricreativa Ziz hanno presentato dei progetti che sono stati approvati “Ma non saremo le uniche – continua il direttore artistico di SudTiles e curatore di Sicilia Queer – siamo quelle che ad oggi hanno presentato un progetto. Il nodo della questione però è altrove“. Infatti la questione non è semplice. Nel 2000 è stata inaugurata una sala cinematografica pubblica e all’avanguardia che l’amministrazione ha messo a disposizione della comunità. Costruita con fondi regionali ed europei, è stata aperta nel 2008 e soltanto per una decina di giorni, poi chiusa per quattro anni finché nel 2012 è stata riaperta dal movimento I cantieri che vogliamo. Uno spazio sulla carta perfettamente funzionante eppure ancora senza nome che vive soltanto grazie agli sforzi delle associazioni.
“Siamo sempre gli stessi a usare il cinema De Seta e ci siamo organizzati dividendoci le date – spiega Inzerillo – è interesse di tutti non danneggiarci a vicenda e fare una programmazione coerente e sensata. Più volte abbiamo chiesto all’amministrazione di organizzare assemblee pubbliche con gli operatori o segnalato interventi da fare. Ci sono de faretti rotti da anni di cui nessuno si occupa e segnalati da anni“. Non solo non si trovano fondi per sostenere l’esistenza in vita della Sala, ma agli operatori è di fatto anche impedito, per via di costi già proibitivi, lo sbigliettamento, che comporterebbe un canone d’affitto da pagare al Comune. “Ci auto finanziamo facendoci dei precisi calcoli e andando incontro a costi proibitivi – racconta – Non sono contro il pagamento del canone ma che sia almeno agevolato, simbolico o che almeno venisse reinvestito nel cinema stesso. Anche perché noi svolgiamo un servizio per la città. Iniziative come la proiezione di cinema anni Quaranta che è un’operazione per la comunità, o come il Queer film festival, che incarna la vocazione dello spazio, sono missioni utili. Facciamo cose che nessuno farebbe e siamo solo dei privati, tra istituti, associazioni ed enti. Vorremmo vedere investimenti, sostegno e perché no, delle attrezzature nuove. E’ tutto a carico nostro”.
“Ci troviamo di fronte a uno spazio che ha già un cuore ma non ancora un’anima – si leggeva su Il Manifesto l’anno scorso – una sala con una vocazione, un’identità in costruzione, una risposta attenta da parte del pubblico della quinta città d’Italia a fronte di una quasi totale carenza di offerta strutturata e di una fatale assenza di comunicazione, tutta sulle spalle dei singoli proponenti”. Non è cambiato molto: si è solo venuti a capo di alcune certezze, cioè le date e le rassegne previste per l’inverno e la primavera. “La polemica infatti serve – continua Inzerillo – questo momento può essere un momento di svolta, ci potrebbero essere dei fondi previsti per le sale cinematografiche storiche e per quelle nuove con l’applicazione della legge Franceschini, ma se non si studiano le leggi le cose non si sanno. E avanzo un’altra proposta: una sinergia tra gli assessorati all’Istruzione e alla Cultura cambierebbe la vita di ragazzi, quartieri e associazioni. Andrebbe concretizzata un’alleanza che per quanto tacita è già in essere – e conclude – avere associazioni che tengono vivo l’interesse verso luoghi, culture e settori nonostante condizioni sconfortanti o avere Franco Maresco e non riuscire rendere le cose facili è follia“.