Lo zampino del latitante Matteo Messina Denaro nel territorio di Mazara del Vallo. E’ questo il cuore del blitz Ermes 2 eseguito stamane dagli agenti della Polizia di Trapani. Appalti ma anche controllo del territorio sfrenato. Undici gli arrestati e tre società sequestrate dal gip del Tribunale di Palermo su richiesta della Procura antimafia che ha coordinato l’inchiesta. Settanta gli agenti di Trapani, di Palermo, di Mazara del Vallo e di Castelvetrano impegnati nell’operazione. Un solco tracciato dalle risultanze emerse nelle passate operazioni.
Alcuni nomi sono noti. A partire da Carlo Loretta, già condannato per mafia dal gup di Palermo, ed Epifanio Agate, figlio del boss Mariano, con in tasca una laurea in giurisprudenza alla Luiss di Roma, già emerso durante un indagine su un maxi traffico di droga con i paesi latinoamericani, quando prendeva ordini dal padre detenuto. Già nell’operazione Ermes, uno degli arrestati, Vito Gondola (tuttora sotto processo dinanzi al tribunale di Marsala) in seguito alla morte di Mariano Agate diceva, “devi dire ad Epifanio che lui ha perduto suo padre, io ho perduto mio fratello“. Gondola era il capo del clan mazarese e secondo gli inquirenti, nell’acquisizione degli appalti, avrebbe seguito le direttive di Messina Denaro in persona.
Ad agevolare le indagini coordinate dalla procuratrice aggiunta Teresa Principato e dai pm Paolo Guido, Carlo Marzella e Gianluca De Leo alcune dichiarazioni del collaboratore di giustizia, Lorenzo Cimarosa, cugino acquisito del boss, arrestato durante l’operazione Eden del dicembre 2013. Al centro dell’indagine anche il parco eolico Vento di Vino già emerso nell’operazione antimafia Ermes e i lavori di ristrutturazione dell’ospedale civile “Abele Ajello” di Mazara del Vallo. Interventi ottenuti in subappalto che, precisa la direzione strategica aziendale dell’ASP di Trapani precisa furono “revocati dall’ASP già due mesi prima dell’interdittiva antimafia della Prefettura, sulla base di timori emersi in alcune notizie di stampa. Tale ditta lavorò solo circa un mese in cantiere. Nel seguire i lavori il settore tecnico dell’Asp ha sempre operato in accordo con la prefettura di Trapani”.
Tra gli indagati, secondo l’agenzia di stampa Adnkronos, c’è anche un giornalista. Si tratta di Filippo Siragusa, collaboratore del Giornale di Sicilia, che è accusato di intestazione fittizia di beni. Al cronista è stato applicato l’obbligo di dimora. Sul suo profilo Facebook il giornalista tiene la fotografia con il pm Nino Di Matteo e un carabiniere del Gis con il mephisto scattata nel corso di un incontro pubblico che aveva moderato. Proprio di recente, Filippo Siragusa aveva scritto dell’operazione antimafia condotta dai Carabinieri che avevano portato in carcere diversi esponenti dei Cosa nostra. Inoltre, organizzava spesso convegni sull’antimafia con esponenti del mondo delle istituzioni.