In controtendenza rispetto al dato nazionale, in Sicilia il 2016 si chiude con una diminuzione della produzione di vino rispetto allo scorso anno. Se il nostro Paese conquista la leadership mondiale come Paese produttore, superando lo storico competitore francese, nell’Isola si registra un rallentamento. Sono 50 milioni gli ettolitri prodotti nello Stivale. Una quantità che ha fatto aumentare del 3% il valore delle esportazioni, raggiungendo il massimo storico di sempre a 5,2 miliardi di euro. Mentre in Sicilia ha subito un calo del 15% circa rispetto all’anno precedente. E’ quanto emerge dall’analisi della Coldiretti dalla quale si evidenzia che il vino è nel 2016 la prima voce dell’export agroalimentare nazionale.
Il primato produttivo è dovuto, sottolinea la Coldiretti, alla crescita in Veneto che si conferma la principale regione produttrice, ma anche in Emilia Romagna e Piemonte. Un contenimento di diversa entità si è verificato in Trentino Alto Adige, in Sicilia e in Lombardia. Mentre la Puglia presenta uno scenario molto variegato, con perdite pesanti su alcune varietà ed incrementi altrettanto importanti su altri secondo l’Ismea. La situazione siciliana, tuttavia, non desta molte preoccupazioni. Per la Coldiretti Sicilia, infatti, “il vino è uno dei prodotti siciliani più conosciuti al mondo. Grazie ad investimenti mirati, ad azioni di promozione e alla identificazione con il territorio la Sicilia è riuscita a conquistare primati che confermano sempre di più quanto la qualità premi. L’Isola contribuisce a mantenere la leadership mondiale con una produzione che, sebbene quest’anno abbia avuto una contrazione, nel 2015 ha realizzato oltre 6 milioni di ettolitri di vino grazie ad una produzione di uva che supera i 7 milioni e mezzo di quintali”.
Secondo l’associazione degli agricoltori il punto di forza del settore vitivinicolo in Sicilia risiede nella capacità di creare prodotti di livello. “Il vino siciliano piace all’estero sì – continua – ma piace anche ai siciliani, e infatti cresce sempre di più la presenza di prodotti regionali nei locali che riescono ad accoppiare prodotti di alta qualità con prezzi che riescono ad essere competitivi. Proseguire verso la strada della specializzazione territoriale investendo nelle denominazioni che le aree regionali rappresenta la chiave per continuare a mietere successi”.
Una via imboccata dalla maggior parte dei produttori italiani. Si stima, infatti, che la produzione Made in Italy 2016 è rappresentata per oltre il 40% dai 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc) e ai 73 vini a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), per il 30% ai 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt) riconosciuti in Italia e il restante 30% a vini da tavola. Sono queste le tipologie di vino che ottengono le migliori performance di vendita, sia nel mercato locale che in quello internazionale, e che garantiscono le maggiori percentuali di guadagno.
In Francia, ad esempio, patria dello champagne, lo spumante tricolore fa addirittura segnare un incremento in doppia cifra, pari al +57%. Negli Stati Uniti sono particolarmente apprezzati il Chianti, il Brunello di Montalcino, il Pinot Grigio, il Barolo e il Prosecco che piace molto anche in Germania insieme all’Amarone della Valpolicella e al Collio.
“Il futuro del Made in Italy dipende dalla capacità di promuovere e tutelare le distintività che è stata la chiave del successo nel settore del vino, dove ha trovato la massima esaltazione la valorizzazione delle specificità territoriali che rappresentano la vera ricchezza del Paese” ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel sottolineare che “il vino italiano è cresciuto scommettendo sulla sua identità con una decisa svolta verso la qualità, che ha permesso di conquistare primati nel mondo dove oggi 1 bottiglia esportata su 5 è Made in Italy”.