Una risposta a “chi nel mondo oggi vuole alzare muri e barriere”: il leader della Uil, Carmelo Barbagallo, ha riunito a Lampedusa i sindacalisti di altri sette Paesi del mediterraneo organizzando il 1° Meeting Internazionale “per un mare di pace e lavoro”.
Allo stesso tavolo, con la Uil, sindacalisti di Israele e della Palestina, e di Tunisia (con Hassine Abbassi, premio Nobel 2015 per la Pace), Algeria, Marocco, Egitto, Libia (con Nermin Sharif, la prima donna segretario generale di un Paese del Nord Africa).
Con loro anche i rappresentanti di quattro religioni. Puntano ad una rete di forze sociali che possa rilanciare il dialogo tra Paesi che vivono “una condizione di crisi emblematicamente e tristemente rappresentata dall’esodo di popolazioni che, attraversando questo mare – scrivono in un documento congiunto i sindacati degli 8 Paesi – cercano di fuggire dalle miserie e dalle persecuzioni, affidandosi a mercanti di morte che ne sfruttano il dolore“. Chiedono insieme “più coraggio e più determinazione“; di affrontare l’emergenza migranti con un “nuovo approccio” che non sia “basato solo sulla sicurezza” ma “inclusivo”, che integri la dimensione economica, sociale, culturale”; una “accoglienza intelligente e solidale”, a cui affiancare il lavoro per “costruire opportunità di crescita e di occupazione in quei territori da cui partono i flussi migratori”. Obiettivi che puntano anche a creare le condizioni “per un efficace contrasto della delinquenziale opera degli scafisti“.
Carmelo Barbagallo vuole che il progetto che nasce oggi a Lampedusa possa crescere nel tempo: punta ad “allargarlo ad altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, come Spagna, Grecia, Turchia. Ed anche alla Siria appena le difficili condizioni del Paese lo consentiranno”. Intanto, con l’impegno di tutti i sindacati oggi presenti a Lampedusa, e che hanno firmato l’accordo, l’evento di Lampedusa si ripeterà “una volta l’anno”, “a turno” nei diversi Paesi coinvolti. “Vogliamo ripetere questo incontro ogni anno, in tutti i Paesi del Mediterraneo, e magari nella stessa data del 2 febbraio, all’insegna dei valori della cooperazione, della solidarietà, e dello sviluppo“. E “non è un club esclusivo. Dobbiamo includere, coinvolgere tutti i sindacati del Mediterraneo che oggi non ci sono, e tutti gli altri sindacati italiani”
“Tra i partecipanti al Meeting del lavoro anche sindacalisti di Israele e Palestina. Felice di dare il benvenuto a Lampedusa anche a Hassine Abassi il Premio Nobel per la pace 2015“. Così il sindaco Giusi Nicolini, che prosegue: “Lampedusa è “una isola coraggio”, che “ha dovuto contare le bare, che a volte erano veramente troppe”, ma che oggi può lanciare un messaggio anche agli Paesi italiani che “invece fanno barricate”: il messaggio che “di accoglienza non si muore”.
“Siamo gente normale, cittadini, pescatori, gente che vive di turismo. Gente normale che ha dato una risposta” all’emergenza migranti. “Un’isola da cui anche gli abitanti volevano scappare” nei giorni più drammatici dell’emergenza. Ma oggi può sottolineare il suo “orgoglio“. “L’orgoglio – dice Nicolini – che come sindaco ho della mia isola e della mia gente. Lampedusa oggi è un ponte, oggi è un esempio: può dare un esempio diverso. È stata lasciata sola in Europa, e sola anche nel suo contesto nazionale, dove ogni giorno vediamo l’esempio di altre città che invece fanno barricate. Di accoglienza non si muore: al contrario, siamo stati lasciati soli per venti anni, e siamo cresciuti con un aumento del 20% delle presenze turistiche. È un segnale di ottimismo e di coraggio”.
“L’accordo di Lampedusa”, siglato oggi dai sindacati di 8 Paesi dell’area del mediterraneo al meeting organizzato dalla Uil per avviare un dialogo tra forze sociali sull’emergenza migranti, lancia all’Unione Europea la proposta di istituire “un fondo in cui tutti Paesi membri facciano confluire risorse derivanti da forme di solidarietà fiscale”. Un fondo alimentato “sul modello del cosiddetto 8 per mille attuato in Italia”. Servirebbe a raccogliere risorse “da destinare alla realizzazione di progetti idonei a creare lavoro in quelle zone prostrate dall’indigenza, dalla povertà e dalla guerra”. Con l’Europa chiamata a farsi carico “del coordinamento e della gestione di tale attività di sostegno alla crescita”.