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Banche in Sicilia, in due anni persi oltre 300 posti di lavoro e chiuse 145 filiali

giovedì 20 Luglio 2017
filiali banche

In Sicilia è in corso una vera e propria desertificazione bancaria. Solo negli ultimi 2 anni sono stati persi 333 posti di lavoro e sono state chiuse 145 filiali. Numeri ai quali presto andranno a sommarsi quelli dei dipendenti in fuoriuscita e degli sportelli per i quali è prevista la soppressione secondo quanto stabilito nei piani industriali di diversi istituti, in particolare Unicredit. A giugno 2017 gli occupati nel settore sono scesi per la prima volta al di sotto di quota 12.000, mentre quello delle filiali è ormai abbondantemente sotto la soglia delle 1.500 unità. E’ il desolante quadro che emerge da un’indagine realizzata dall’ufficio studi di First Cisl su dati della Banca d’Italia.

Si tratta di numeri drammatici che destano molta preoccupazione, non solo per i risvolti occupazionali ma anche per i disagi che questa situazione sta causando a cittadini ed imprese. Ci sono comuni, infatti, nei quali non è presente nessuna filiale. Solo nel mese di maggio Unicredit ne ha chiuso 16: Sciacca Noceto (assorbita da Sciacca) Messina San Martino (assorbita da Messina Cairoli), Palermo Alpi (assorbita da Palermo Restivo), Palermo Autonomia Siciliana (assorbita da Palermo Marchese di Villabianca), Palermo Via Libertà ”C” (assorbita da Palermo Via Libertà “D”, Isola delle Femmine (assorbita da Capaci) Altavilla Milicia (assorbita da Casteldaccia)”, Trapani Corso Italia (assorbita da Trapani Ggaribaldi), Roccalumera (assorbita da Santa Teresa Riva), Mascali (assorbita da Fiumefreddo di Sicilia), Regalbuto (assorbita da Catenanuova), Pietraperzia (assorbita da Barrafranca), Delia (assorbita da Sommatino), Calascibetta (assorbita da Enna Ing. Pavini), Campofranco (assorbita da Sutera), Grotte (assorbita da Racalmuto).

La scure ha colpito grandi città e i piccoli centri spesso serviti da una sola filiale, che rappresenta un punto di riferimento fondamentale per i cittadini e per gli operatori economici del posto. Qui il rapporto di fiducia, basato sulla presenza fisica delle banche, è un aspetto estremamente importante. Tuttavia l’esigenza di ridurre i costi di gestione e l’avanzare dei servizi via internet hanno spinto gli istituti a fare altre scelte.

“La continua contrazione di occupati e di presenze territoriali – spiega Giulio Romani, segretario generale di First Cisl –  è stata condotta nell’illusione che la panacea di ogni male fosse la dematerializzazione del rapporto fra banca e cliente. Invece, se gli investimenti nell’innovazione dei processi non sono accompagnati da altri investimenti ancora più significativi in innovazione di prodotto e di servizi, non si approda a nulla, anche perché i processi digitalizzati sono soggetti ad un’obsolescenza rapidissima, che sposta i costi dal personale alle consulenze senza realizzare, per se stessi, nuovi ricavi”.

“A dimostrazione di ciò – continua Romani – basti dire che se l’home banking è ormai un prodotto di massa, mediamente collocato a tutte le famiglie e a tutte le imprese anche in Sicilia, proprio negli anni in cui si è sviluppata la diffusione della banca online il sistema bancario ha ottenuto i propri peggiori risultati economici. Occorre invece progettare nuovi modelli organizzativi, nuovi mestieri e nuovi strumenti di tutela dell’area contrattuale, ma è anche necessario far tornare al centro dell’attenzione pubblica il valore sociale dell’attività bancaria a supporto di uno sviluppo economico sostenibile, della salvaguardia del risparmio e del lavoro”.

La digitalizzazione e la diffusione di home banking, mobile banking e Atm evoluti hanno certamente cambiato le abitudini della clientela che si reca meno allo sportello. Secondo la First Cisl, però, il problema non si risolve soltanto continuando ad impoverire la rete degli sportelli. “Il canale digitale va abbinato a un’innovazione di prodotti e servizi che poggi sulla consulenza evoluta – afferma Gabriele Urzì Segretario Nazionale Gruppo Unicredit First Cisl – che può essere svolta al meglio solo fisicamente nelle dipendenze e non certamente con uno smartphone. Meno filiali significa meno concorrenza e meno assistenza finanziaria a famiglie e imprese e a risentire del problema sono soprattutto i piccoli centri e gli anziani. Inoltre erroneamente, spesso, si pensa che chiudere le agenzie e tagliare il costo del personale innovando esclusivamente i processi, sia sufficiente per recuperare redditività. Così non è stato e spesso si è persa la fidelizzazione della clientela, sono diminuiti i ricavi, mentre i costi non sono ancora scesi, perché le tecnologie informatiche richiedono alle banche frequenti costosi investimenti e consulenze esterne”.

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