Sono solo sei le assunzioni fatte da UniCredit negli ultimi dieci anni in Sicilia a fronte di una progressiva riduzione delle filiali e del personale incentivato ad andare in pensione attraverso un piano esodi.
Per Gabriele Urzì, segretario nazionale della First Cisl del gruppo bancario, si tratta di un chiaro segnale di disimpegno, che peraltro al momento non dà seguito agli accordi siglati tra l’Istituto di credito e i sindacati per quanto riguarda le centinaia di assunzioni previste. Un disimpegno, spiega il sindacalista, che non può essere giustificato dall’avvento dell‘home banking, dalla sovrapposizione geografica di alcune agenzie o dalla necessità di abbattere i costi necessari per mantenere gli sportelli fisici.
Urzì inoltre non condivide la posizione del regional manager siciliano di UniCredit, Salvatore Malandrino, che qualche giorno fa ai nostri microfoni aveva detto che la razionalizzazione delle filiali non penalizza le imprese. “La chiusura indiscriminata di molti sportelli – spiega Urzì – non fa bene né alla clientela né al tessuto economico di questa Regione. Il paradosso è che in alcune piazze addirittura si è rimasti completamente sprovvisti di uno sportello bancario con danni alla clientela, secondo noi danni anche alla banca che perde margini di mercato e al tessuto sociale che ne risente”.
“I disagi sono evidenti – continua – perché proprio il commercio al dettaglio è quello che risente di più dell’assenza di una banca nel territorio, per una serie di esigenze che sono quelle di tutti noi: la negoziazione di un assegno piuttosto che una consulenza o della necessità di recarsi fisicamente in banca. Faccio una battuta, difficilmente vedo qualcuno che parla con un Atm automatico. Per cui già per il privato è sicuramente un disagio, ma ancora di più per un commerciante che ha una serie di esigenze che al di là delle battute non possono essere soddisfatte da un’apparecchiatura elettronica ancorché evoluta”.