E se, alla fine, Renzi e il Pd decidessero di rinunciare alla candidatura per Palazzo d’Orleans, dando, per esempio, a una figura di centro, la responsabilità di guidare una coalizione che molti danno indietro in partenza dopo l’esperienza del governo regionale siciliano?
L’accordo tra Alfano e il Pd potrebbe garantire, oltre al famoso apparentamento per il Senato a cui Ap non intende rinunciare, un trampolino di lancio per un esponente del partito centrista.
Il nome potrebbe essere in quel caso quello di Giovanni La Via, già in passato ritenuto un collante debole, proprio all’interno del suo partito da Cascio e Firrarello.
D’Alia, leader del partito di Casini in Sicilia, obtorto collo, sarebbe costretto a fare un passo indietro, rimanendo all’interno della coalizione con il Pd, ma con i centristi chiamati a recitare un ruolo di primo piano.
Nel Pd è tempo di realismo. Cracolici, Lupo e Faraone, i tre papabili Dem, sono da tempo imprigionati in una tela di veti contrapposti che ha finito per depotenziarli a vicenda.
Raciti ha il problema di un argomento forte da trovare per convincere Crocetta, e non è detto che ci riesca, a ritirarsi dalla competizione elettorale da presidente uscente.
Il tempo stringe e le primarie a settembre potrebbero essere un’operazione oltre modo rischiosa. Certo il nome di La Via non manca di suscitare perplessità. Forse qualcuna anche nel tandem Orlando-Cardinale, ma con il passare dei giorni, il ragionamento democrat comincia a essere conservativo. Un modo per passare la mano allo schieramento centrista, che in Sicilia, a questo punto, può diventare il grande discriminante da presentare agli elettori.
Da una parte il voto strutturato, dall’altra i 5stelle.
Ai siciliani l’ultima parola.