In principio fu “il sindaco dei siciliani”. Era Rosario Crocetta da Gela. Minacciato dalla mafia nissena camminava con la scorta e affabulava con una prosa spuria ma efficace il popolo della sua terra.
Poi divenne il presidente della ‘Rivoluzione’ promettendo di restare a capo dei sindaci siciliani, lui che lo era stato a Gela. Eppure da governatore siciliano sono più le questioni che sono rimaste non risolte con sindaci, enti locali ed ex Province, che le soluzioni portate a casa.
Nello Musumeci, ex presidente della Provincia di Catania, si è intestato negli ultimi cinque anni, all’Ars, proprio sulle ex Province una battaglia di territorio. Adesso che è il nuovo presidente della Regione è chiamato a intervenire sui problemi dei Comuni siciliani, possibilmente individuando le soluzioni.
Sono rimasti al solito posto e danzano pericolosamente i problemi consolidati degli enti locali, dalle vicenda dei precari, ai trasferimenti, dalle importanti leggi di riordino del settore rifiuto e di quello idrico, al destino delle ex Province, deflagrate e a rischio default tra contraddizioni e soluzioni che non arrivano.
Questo vale ad esempio per la gestione integrata dell’Acqua e dei Rifiuti. La legge regionale fu impugnata dal Cdm romano, ma soprattutto il parlamento in seguito non seppe trovare nessuna risposta di rimodulazione alle obiezioni sollevate sulla gestione del sistema idrico siciliano.
Il soggetto che è venuto fuori, sulla carta non sa come operare, con quali mezzi finanziare, con quali capacità di programmazione intervenire. È quindi impossibile strutturalmente migliorare il livello delle reti e la qualità proposta nei servizi ai cittadini.
Per non parlare del riordino del settore rifiuti dove nella scorsa legislatura la legge è rimasta impantanata all’Ars tra veti renziani e incomprensioni con l’Aula.
Sottovalutare l’interlocuzione con gli enti locali in passato è stato certamente un limite e un errore che Musumeci e il governo regionale non dovranno ripetere.
Le Province nel resto d’Italia non funzionano. In Sicilia sono allo sbando del tutto. Ci sono problemi di tenuta finanziaria. Il nuovo parlamento dovrà intervenire subito per capire con che legge elettorale, diretta o indiretta, dovranno andare al voto gli enti di area vasta dopo l’impugnativa romana e in attesa del verdetto della Corte Costituzionale.
I Comuni sono ai minimi termini. Tra contraddizioni, risorse che non arrivano e standard di servizi difficili da mantenere. Per quanto irguarda i trasferimenti il dato complessivo, uguale al 2016, sulla carta dovrebbe essere di 340 milioni di euro, in realtà a causa di una serie di riserve che sono state introdotte si arriva a 280 milioni. In più di questi 121 vanno ai Comuni sotto i 5mila abitanti e quasi 160 vanno a tutti gli altri.
Forse neanche la più grave tra le contraddizioni.