È balzato agli onori della cronaca, occupando spazio anche sui social con impietosi commenti e tragicomiche vignette, il caso clinico di un anziano signore che è giunto all’osservazione di alcuni medici del Dipartimento di Medicina interna della Wright State University di Dayton, in Ohio, con uno “scroto fischiante”. Siamo andati a leggere il Case Report, pubblicato qualche giorno fa sull’American Journal of Case Reports (https://amjcaserep.com/abstract/index/idArt/936441/s/B), e vi sintetizziamo la storia clinica di seguito.
Un uomo di 72 anni che aveva recentemente subito un intervento scrotale per epididimite ricorrente (una infiammazione di una componente del testicolo, n.d.a.) si è presentato al pronto soccorso locale lamentando “fischi allo scroto” oltre che dispnea. La TC ha rivelato uno pneumotorace bilaterale, uno pneumomediastino e un notevole enfisema sottocutaneo che interessava la parete dell’addome, dal confine col torace fino allo scroto. In particolare, lo scroto del paziente aveva una ferita deiscente, dalla quale usciva l’aria che scorreva dai polmoni lungo la parete addominale fino all’inguine. Identificata la causa, i medici sono prontamente intervenuti posizionando efficaci drenaggi sia nel torace, per curare lo pneumotorace, sia nella parete addominale, per risolvere l’enfisema sottocutaneo, oltre che chiudendo la deiscenza scrotale.
Dobbiamo cominciare col dirvi che questi casi clinici non sono affatto infrequenti, come è facile verificare sui principali motori di ricerca di riviste scientifiche in ambito biomedico. Negli stessi giorni è stato infatti pubblicato un altro lavoro, sulla rivista Clinical Case Reports, che riporta un caso per certi aspetti simili descritto dai medici del Dipartimento di Chirurgia della University of the Witwatersrand di Johannesburg, in Sud Africa, che riassumiamo come segue.
Un paziente maschio di 52 anni è stato ricoverato in terapia intensiva per politrauma dopo un incidente automobilistico. Per via della perdita di coscienza, i soccorritori lo hanno intubato e gli hanno inserito un drenaggio intercostale per via di uno pneumotorace sviluppatosi a seguito dell’incidente. Arrivato in Ospedale, i medici hanno constatato un gonfiore scrotale rapidamente progressivo, tanto da richiedere una consulenza urologica sospettando un processo infettivo. L’esame fisico del paziente ha rivelato uno scroto gonfio e crepitante alla palpazione (indizio di presenza di aria all’interno dei tessuti, n.d.a.), ma l’area crepitante si estendeva anche al di sopra dell’inguine, per tutta la parete antero-laterale dell’addome, fino al torace, nel punto nel quale era stato posizionato il tubo di drenaggio. A conferma che non si trattasse di una patologia infettiva, giungevano dal laboratorio i marcatori settici che erano tutti entro intervalli normali. Viceversa, la TC effettuata prima della consulenza mostrava, tra le altre cose, un enfisema sottocutaneo a livello dei tessuti molli anterolaterali e in parte posteriori del torace destro e dell’addome, fino allo scroto. I medici hanno quindi proceduto con la sostituzione del catetere e il gonfiore scrotale è diminuito fino a scomparire in un paio di giorni.
I casi clinici possono essere molto utili al docente di Anatomia per introdurre la descrizione di alcune strutture del Corpo Umano, e quindi mi pare l’occasione giusta per spendere qualche parola in questa rubrica sullo scroto, o sacco scrotale.
Questo è una struttura anatomica presente soltanto nel maschio e si annovera tra i cosiddetti “caratteri sessuali secondari maschili”. Ricordo brevemente che quelli “primari” – in ambo i sessi – sono rappresentati dalle gonadi (testicolo e ovaio) che producono non solo i gameti ma anche gli ormoni caratteristici per ciascun sesso; questi ultimi sono responsabili dello sviluppo dei “secondari” che nel maschio sono rappresentati, in estrema sintesi, dalla muscolatura più robusta che nella femmina, da una laringe generatrice di suoni più gravi (dalla laringe della donna vengono prodotti suoni più acuti), dalla presenza di una maggior quota di peli distribuiti in tutto il corpo e, non ultimo, da altri organi sessuali inclusi i caratteristici genitali esterni, tra i quali si annovera anche lo scroto.
Il sacco scrotale si forma in epoca fetale come un diverticolo della parete addominale, tant’è che le due strutture hanno una simile organizzazione negli strati della parete, l’una in dipendenza dell’altra. Non elenco gli strati in quanto questo andrebbe al di là degli scopi di questa rubrica, ma il lettore non faticherà a trovarne una descrizione dettagliata anche sul web.
La funzione del sacco scrotale è fondamentalmente quella di accogliere i testicoli che, come le ovaie nella donna, si sono sviluppati in cavità addominale per poi discendere nella cavità pelvica. Il motivo per cui le ovaie terminano la loro discesa localizzandosi in cavità pelvica è che lì a fianco sono presenti le tube uterine all’interno delle quali deve finire l’oocita, non ancora fecondato, appena espulso dopo la deiscenza del follicolo maturo. Viceversa, il motivo per cui il testicolo migra ancora più in basso, terminando nel sacco scrotale, è perché in esso la temperatura ambientale è inferiore di 2-3 gradi rispetto alla cavità addominale, e ciò da un canto consente il pieno funzionamento della gonade maschile, dall’altro impedisce la formazione di neoplasie, cosa che invece può verificarsi in caso di “testicolo ritenuto” (o criptorchidismo) se non viene diagnosticato in tempo e risolto chirurgicamente attraverso un intervento funzionale a riposizionare il testicolo nella sua sede naturale.
Venendo adesso ai casi in questione e descritti nella prima parte di questo articolo, essi sono il frutto del fatto che il tessuto connettivo sottocutaneo del nostro corpo rappresenta un continuum (al netto di alcuni punti nei quali le fasce muscolari si fondono e “contingentano” le aree sottocutanee, ma a questo interessante quanto complesso argomento andrebbe dedicata una puntata a parte). Nel momento in cui per un trauma spontaneo o iatrogeno in esso finisce dell’aria, essa può farsi strada, generando per l’appunto un cosiddetto enfisema sottocutaneo, fin quando non trova un varco per fuoriuscire. Se l’aria proviene dai polmoni, questi organi rappresentano un mantice molto potente e quindi l’aria può gonfiare progressivamente la pelle, insinuandosi al di sotto di essa, per aree estese molti centimetri quadrati, potendosi generare successivamente complicanze anche molto gravi, di natura sia trofica sia infettiva. Per questo, è necessario giungere a una diagnosi il prima possibile.
“Non può esserci aria nel nostro corpo se non in organi o regioni anatomiche in comunicazione con l’esterno” recita un vecchio dogma molto amato dagli anatomisti. Ecco che, nel paziente del primo case report descritto, l’aria aveva trovato il proprio varco d’uscita a livello della piccola deiscenza della ferita chirurgica dello scroto del soggetto, addirittura emettendo un fischio praticamente ad ogni escursione respiratoria e finendo ciò per incuriosire non solo i medici ma anche i “profani”, che adesso avranno trovato – spero – una convincente spiegazione anatomica per quanto accaduto.