Dal Pd a Forza Italia ai 5Stelle i “paracadutati” sono ormai i protagonisti del momento, mentre si alza la protesta dei rappresentanti del territorio scalzati dalle liste o finiti in posizioni imbarazzanti.
E se alcuni rinunciano o ritirano candidature c’è chi, come Maria Flavia Timbro, deputata uscente di Art.1 il passo indietro lo fa prima che le venga proposta una candidatura mortificante e umiliante rispetto al territorio. Del resto le è già successo nel 2018, quando alle Politiche di marzo, Leu piazzò come capolista Camera Sicilia 2 l’ex segretario nazionale della Cgil, il romano Guglielmo Epifani e Maria Flavia Timbro seconda. Dal giugno 2021, dopo la scomparsa del deputato, la messinese è subentrata alla Camera, prestando molta attenzione alle battaglie del territorio. Un anno e mezzo dopo lo schema era destinato a ripetersi.
Il quadro nazionale, con la riduzione dei parlamentari ed il modus operandi dei partiti la spingono a dire: “non sono disponibile a candidarmi in questo contesto”. Questo non vuol dire che non farà più politica. Tutt’altro.
“Ho trascorso più di vent’anni a fare politica fuori dalle istituzioni e a quanto pare continuerò a farlo- spiega la deputata – Il 4 agosto in occasione della direzione nazionale di Articolo UNO che avrebbe dovuto votare la rosa dei nomi dei candidati da consegnare al segretario del PD, Enrico Letta, ho rassegnato – in accordo con gran parte del partito siciliano – la mia indisponibilità a candidarmi nel listone unitario, PD – Italia democratica e progressista. Non ho e non abbiamo condiviso lo spirito con il quale si è condotta questa operazione politica che, temo, si rivelerà miope ed autoreferenziale. Non ho e non abbiamo compreso quale sarà la prospettiva politica che il 26 settembre attenderà il nostro partito, Articolo Uno, che ha scelto di non ascoltare i propri iscritti e i propri territori non presentando una propria lista, ma di confluire in una lista unica della quale è “cofondatore”, facendo correre appena 4 candidati in posizione eleggibile nella lista PD – Italia democratica e progressista, abdicando di fatto al proprio ruolo e determinando quella che più che un’alleanza elettorale appare come una vera e propria annessione partitica. La politica, a mio avviso, non si può e non si deve fare in questo modo“.
Mentre il dibattito di queste ore è polarizzato da uno scontro all’interno dei partiti senza esclusione di colpi e senza alcun interesse per i territori e soprattutto gli elettori del sud (chissà perché i paracadutati finiscono in casa nostra e non avviene il contrario).
“Non si può parlare di composizione delle liste senza parlare di progetti politici, non si può parlare di posizionamenti senza parlare di persone, di comunità, di territori-prosegue Maria Flavia Timbro– La nostra è una piccola comunità, certo, ma è una comunità coerente e radicata, una comunità che si è resa punto di riferimento credibile per il nostro territorio e che, per questo, cinque anni fa è riuscita ad eleggere un suo deputato. Un deputato degno certamente, ma calato dall’alto. Oggi, quella modalità di selezione dei rappresentanti si ripete, il sistema verticistico di composizione delle liste ha tolto di nuovo a questa città l’opportunità di avere un suo esponente a Montecitorio. Una scelta ingiusta e priva di prospettiva politica alla quale io, noi, non intendiamo più prendere parte. Questo modo di fare politica distante dai cittadini e dai territori non appartiene alla nostra cultura e a quella della nostra comunità. Per questa ragione, senza alcuna polemica, ma con amarezza e spirito fortemente critico, non prenderò parte a questa competizione elettorale. Io a queste condizioni non gioco. Preferisco restare dalla parte della gente, dalla parte degli elettori e delle elettrici che sempre più spesso- e a ragione – si sentono distanti dalla politica e dai partiti. A queste condizioni, preferisco restare a condurre le mie battaglie porta per porta, strada per strada, provando a cambiare le regole di un gioco che soffoca i dirigenti per fare spazio al ceto politico».