Da buon uomo di casa, anche io vado a fare la spesa – e qui ci starebbe un bel “e sai a noi che ce ne frega?”. Si, in fondo non posso darvi torto, ma fare la spesa resta, per me, un piacere quasi irrinunciabile: è un modo per distrarsi un po’, camminare, andare in giro, vedere persone, osservare, fare quattro chiacchiere, e mai come in questo periodo i gesti semplici fanno la differenza.
Proprio qualche pomeriggio fa, dopo aver fatto la mia spesa, ed aver spuntato tutte le voci sulla lista delle cose da comprare, ho trovato, alle casse, la mia amica A.: lei è una madre single, non ha neppure quarant’anni, ma ha un figlio di quasi venti. Suo marito è andato via di casa da diversi anni, e hanno deciso bene di dividere le loro strade: in fondo, lei non ha assolutamente nulla da invidiare alle donne più giovani, anche perché, nonostante lavori per tante ore, ogni giorno dietro una cassa, ha sempre una battuta pronta a farti sorridere, ed ha sempre voglia di scambiare due parole, di raccontare e riflettere.
Proprio parlando con lei, mi sono reso conto di come la cosiddetta “Generazione Alpha”, cioè quella degli attuali giovanissimi, stia vivendo, suo malgrado, una sorta di “realtà distorta”, che sta letteralmente divorando, di fatto, i suoi anni migliori: mi raccontava, in particolare, che il figlio ha quasi paura ad uscire di casa. Passa tutta la giornata davanti ad un PC, tra la DAD, i tornei di Fortnite, i video su YouTube, le videochiamate con gli amici, e quando vede la madre uscire di casa, anche solo per andare in chiesa, a pochi metri da casa, inizia ad ammonirla sul pericolo di contagio derivante dal presenziare alla messa, che è un luogo al chiuso, che è un posto che può diventare pericoloso, che è serenamente evitabile in un momento così complicato. Quasi una sorta di ansia, di preoccupazione che sembra attanagliare il giovane, preoccupato per la salute della madre.
Al netto della saggezza del ragazzo, attento, evidentemente, alle prescrizioni che il periodo ci impone, andrebbe notato come siano proprio i giovani a pagare il prezzo più alto di questo periodo così buio: nessuno ridarà loro più la spensieratezza, la spericolatezza, l’incoscienza della gioventù, di quelle cavolate adolescenziali che un giorno ricorderai con un sorriso ebete stampato sulla faccia!
Ragioniamo: quante esperienze stanno perdendo questi giovani? Quanta realtà si stanno lasciando, per sempre, alle spalle?
Io stesso mi fermo a pensare, qualche volta, e ricordo i tempi lontani, ormai andati, in cui il pensiero più grande era quello di studiare per l’interrogazione o per il compito: i giovani avevano, forse, meno responsabilità, e c’era, in generale, meno paura ed un approccio più ottimista all’immediato futuro!
Tante volte mi ritrovo a passare davanti al mio Istituto Superiore, e mi sembra di sentire ancora l’odore delle aule vuote alla sesta ora, quando tutti erano già andati via e poche classi restavano, ancora, all’interno del plesso, e sentivi l’eco dei corridoi vuoti, che magicamente si riempivano di ricordi, di sorrisi, e di baci rubati dietro le mura dei cortili, nel campo di calcio che si apriva lungo la pista d’atletica: mi fermo, con un sorriso stupido, e riguardo indietro alla vita che è passata, e mi sembra di sentire ancora il profumo di quella compagna che amavo segretamente, l’abbraccio di un compagno di banco che era, per me, come un fratello, le risate, le battute sceme, la voglia di pensare ad un futuro che immaginavamo così splendido, così roseo, così pieno di magiche sfumature e di speranze…
…E invece, guardaci ora: quella ragazza che amavo in segreto si è sposata qualche anno dopo, proprio con un ragazzo della stessa classe, e quel fraterno compagno di mille avventure, da pochi giorni è rimasto orfano del padre, morto per le complicazioni del Covid a soli 66 anni.
La realtà ci ha maledettamente fottuti, ci ha lasciato da soli dentro le bufere del nostro tempo: abbiamo visto disgregarci i sogni e le speranze una ad una, perché la crisi, la pandemia, la paura, non ci hanno risparmiato dolore, tristezza, rabbia, risentimento, e tutti noi siamo rimasti la, fermi a guardare una foto di gruppo, ripensando ad un tempo che non ritorna.
Mentre rifletto su cosa si stiano perdendo questi nostri giovani, ritorno di colpo alla realtà: c’è un signore, dietro me, che mi spinge perché ha fretta e mi urla di togliermi di mezzo. Sono ancora dentro al negozio, alla cassa, e la mia mente è volata via, nell’iperuranio dei ricordi, ma non c’è più tempo per chi vuol ricordare.
I tempi sono cambiati, la realtà è ben diversa, ed io ho due lavatrici che mi aspettano. Quelle, ve lo assicuro, sono fin troppo reali…