“Abbiamo sentito l’esigenza di tornare a occuparci del depistaggio sulle indagini di via d’Amelio perché ci siamo convinti che esisteva un perimetro di responsabilità, di reticenza, di irregolarità formale, procedurale e investigativa che andava oltre la Sicilia, che investiva anche la dimensione nazionale, apparati dello Stato, della politica. Ma c’è anche un’altra ragione che in corso d’opera si è manifestata: la sensazione che questo depistaggio non sia mai finito“. Così Claudio Fava, presidente della commissione regionale antimafia dell’Ars presentando la seconda relazione sul depistaggio delle indagini sulla strage Borsellino del 19 luglio 1992.
“Continuano a mancare delle risposte. E’ forse – aggiunge – il tratto più imbarazzante di questa vicenda, e come se da 29 anni coloro che una risposta possono darla e cercarla hanno deciso di non farlo, ritenendosi del tutto soddisfatti di queste parziali verità che si sono accumulate“.
“Facciamo l’esempio dei Servizi di intelligence – ha proseguito – oggi il Sisde potrebbe chiedersi che cosa accadde dalla sera del 20 luglio quando al procuratore Tinebra e al capo della polizia Parisi venne sollecitato un intervento diretto e manifesto e palesemente contrario alla legge dell’allora Sisde. Da 29 anni i servizi di intelligence continuano a convivere serenamente con il sospetto che forse in passato apparati dei Servizi sono stati coinvolti in questa vicenda, nella strage prima e nel depistaggio dopo, senza che si sia trovato la determinazione per portare in fondo le domande, per provare a ricostruire le catene di comando e per individuare le eventuali responsabilità“.
“Al di là dei fatti ricostruiti, noi pensiamo che la funzione di questa relazione sia anche quella di spiegare che c’è una parte del Paese che non si rassegna all’idea che ci si debba accontentare di mezze verità su quello che è accaduto in via d’Amelio“, spiega Fava, presidente della commissione regionale antimafia dell’Ars presentazione la seconda relazione sul depistaggio.
“Se mettiamo insieme tutto questo ne viene fuori un quadro preoccupante – ha sottolineato – non soltanto per quanto tenace sia ancora oggi il tentativo di portare se non le indagini, ma la ricostruzione sulla verita’ storica di via d’Amelio su lidi più sicuri, ma anche sul fatto che su molte di queste domande ci sono oggi soggetti istituzionali che hanno strumenti per dare risposte che non vengono date. Come se la corda pazza rappresentata da questa strage e’ una corda che fa ancora molto paura per cui va accarezzata con molto prudenza o va del tutto ignorata”.