Era il 17 giugno del 2001, in programma allo stadio Celeste c’era il derby Messina-Catania, gara di play off attesa e sentitissima tra le tifoserie. Dalla curva ospiti venne lanciata una bomba carta che colpì alla testa Tonino Currò, tifoso messinese 24enne che morirà al Policlinico il 2 luglio successivo. Una tragedia che si poteva e si doveva evitare. In primo grado i giudici nel 2019 hanno condannato la Lega Calcio, il Comune di Messina e la società sportiva al risarcimento danni a favore dei familiari di Tonino Currò (rappresentati dall’avvocato Giuseppe Laface), riconoscendo l’inefficienza e l’inadeguatezza della barriera costruita che non evitò che la bomba carta arrivasse fino agli spalti della curva sud.
Adesso la Corte d’Appello di Messina nel confermare le condanne di primo grado riconosce la responsabilità anche del Ministero dell’Interno. “Affermare che in occasione di una gara calcistica, 2001 il cui clima di tensione e ostilità fra le contrapposte tifoserie era stato ampiamente preannunciato, la morte di uno spettatore costituisca un fatto quasi inevitabile, un caso fortuito, non può essere condiviso in un ordinamento in cui la persona e la sua tutela costituiscono valori supremi su cui si fonda la Costituzione italiana e che appresta le dovute misure preventive e repressive delle condotte di detenzione di armi o materiale esplodente (vedi fra le altre l’art. 5 l. 152/1975) che possono mettere a rischio quella tutela.”
La Corte d’appello quindi condanna anche il Ministero dell’Interno riconoscendo eguali responsabilità a quelle della Lega Calcio, della società sportiva e del Comune di Messina, evidenziando come non si possa considerare la morte di uno spettatore un fatto quasi inevitabile.
“Delle due l’una – afferma la Corte –: o le misure di prevenzione disposte dalla Questura erano inadeguate a fronteggiare i pericoli di scontri ed incidenti prima o durante l’incontro “a rischio” Messina-Catania, oppure, in alternativa, tali misure sono state eseguite con negligenza, se è vero che, alla prima verifica della efficacia delle misure di prevenzione disposte, la situazione di disordine annunciata si manifestava con immediata virulenza non appena i tifosi del Catania facevano ingresso nello stadio“.
La morte del giovane Tonino, quindi, fu la conseguenza di una serie di negligenze ed omissioni imputabili alla responsabilità di tutti i soggetti coinvolti a vario titolo nell’organizzazione e nello svolgimento dell’evento calcistico.
“Le parole dei Magistrati delle Corte d’Appello peloritana- commenta l’avvocato Laface– laddove riaffermano la centralità della tutela della persona quale valore fondante della nostra Costituzione e dell’obbligo giuridico di tutelarla, costituiscono l’esaltazione del grado di civiltà giuridica e dei principi che connotano la nostra Carta Costituzionale e rendono onore a chi la legge fa si che sia rispettata. In questo caso, i Magistrati, ma permettetemi, anche gli avvocati alla cui categoria mi onoro di appartenere. Ho sostenuto con forza sin dal primo grado di Giudizio, che lo Stato in primo luogo aveva il precipuo dovere di impedire ad ogni costo che l’evento infausto accadesse ed invece, proprio in conseguenza di una serie di sottovalutazioni, negligenze ed omissioni, ciò che ci si era prefissi di impedire ed evitare, è accaduto e la vita di un giovane è stata stroncata”
Lo scorso mese di ottobre in ricordo di Tonino Currò il Comune di Rometta, nel quale viveva il giovane tifoso, ha inaugurato un campo sportivo.