“Il Governo regionale coinvolga le associazioni rappresentative del mondo delle imprese per una revisione del sistema delle Camere di Commercio dell’Isola che risponda alle istanze dei territori ed offra alle imprese servizi utili al loro sviluppo.
E’ evidente infatti il fallimento dei processi di accorpamento promossi in Sicilia: l’obiettivo del minor costo per le imprese, che motivava la riforma, non è stato raggiunto, le imprese pagano in diritti camerali quanto e più di prima. E in compenso le nuove Camere sono oggi più lontane dalle imprese e meno capaci di erogare (loro) servizi adeguati.
Le recenti modifiche normative del sostegni bis, tese a ridisegnare il sistema camerale siciliano, che hanno colto il profondo disagio di alcuni territori e messo in luce ingiustificate anomalie, rappresentano allora l’occasione per un complessivo ripensamento del sistema.
Per quale motivo, ad esempio, le città metropolitane siciliane dovrebbero avere un diverso trattamento rispetto a tutte le altre città metropolitane italiane?
E perché anche a livello regionale dovrebbero esserci differenze così profonde tra le Camere delle Città Metropolitane? A Messina, dove peraltro la locale Camera di Commercio era indicata come quella a maggiori difficoltà economiche, la classe politica locale ha saputo difendere gli interessi delle imprese garantendo loro un presidio locale autonomo. La Camera è lì, non è fallita, e continua a svolgere la propria funzione in barba a tutte le previsioni di disastro inevitabile. Le stesse previsioni che vengono addotte per sostenere l’impossibilità di separare Ragusa e Siracusa da Catania. A Palermo l’aggregazione è avvenuta con la sola Camera di Commercio di Enna, lasciando quel territorio senza alcuna rappresentanza in Giunta, cioè nei fatti una non aggregazione. Perché Catania non può avere anch’essa diritto ad una rappresentanza autonoma della Camera di Commercio? E perché Ragusa e Siracusa non possono avere un analogo trattamento se insieme presentano parametri e condizioni di stabilità?
Occorre insomma andare oltre l’aggregazione realizzata, partendo dalla rappresentanza autonoma del sistema camerale nelle città metropolitane, al pari delle altre città metropolitane nazionali e promuovendo nelle altre province aggregazioni che tengano conto delle caratteristiche economiche, sociali e morfologiche del territorio e che siano guidate da sistemi di gestione che permettano alle imprese il diretto contatto con i servizi delle Camere di Commercio.
E se tutto ciò comporterà la necessità di revisionare il numero massimo di Camere consentito dalla legge Madia, sarà poco male. Non solo perché oggi la stessa richiesta viene anche da altri territori italiani, fatto questo che consente alleanze ampie in Parlamento, ma anche e soprattutto perché non esistono principi immodificabili laddove gli effetti della loro applicazione si rivelano fallaci.
Ma, parallelamente, sarà necessario avere certezza dei tempi garantendo un ristretto arco temporale nella ridefinizione della territorialità delle camere di commercio, assicurare discontinuità nella attuale gestione del sistema camerale, partendo dalla costruzione di una visione che non si concentri principalmente sulla gestione delle partecipate ma che guardi agli interventi per lo sviluppo del territorio, ed infine mettere al centro “il sistema delle imprese”, i suoi bisogni e la qualità dei servizi erogati nei loro confronti.
Solo recuperando la capacità di visione per lo sviluppo, infatti, le Camere di Commercio potranno costituire un punto di riferimento per le imprese del territorio”.
Cna Catania
Confartigianato Catania
Confcooperative Catania
Confindustria Catania
Legacoop Sicilia Orientale Catania
Unicoop Catania
Unione Nazionale Cooperative Italiane Catania
UPIA CASARTIGIANI Catania
Upla Claai Catania