Il virus dell’immunodeficienza umana Hiv, dagli anni ’80 a oggi, ha causato 40,1 milioni di vittime nel mondo. Oggi sono 38 milioni le persone che convivono con l’AIDS, l’ultimo stadio della malattia.
Fortunatamente non è quindi più una condanna a morte grazie alle terapie antiretrovirali che sono diventate sempre più raffinate, anche se non vi è una cura definitiva e la ricerca non si ferma.
Un nuovo studio, difatti, condotto tra Sicilia e Stati Uniti, ha dimostrato che il virus dell’Hiv usa una nuova strada per penetrare nel nucleo di una cellula sana.
“L‘Hiv può entrare nella cellula avvolto all’interno di un pacchetto di membrane che proviene dalla cellula infetta. Questi pacchetti sono chiamati ‘endosomi’. Il virus, avvolto nell‘endosoma, viaggia verso l’esterno della membrana nucleare e la spinge verso l’interno per formare ciò che chiamiamo ‘invaginazioni nucleari’. L’endosoma contenente il virus si sposta dentro l’invaginazione nucleare e da qui nel nucleo. Abbiamo scoperto un complesso di tre proteine, Vap-A, Orp3 e Rab7, necessarie perché ciò avvenga“. A spiegarlo è Aurelio Lorico dell’Università di Touro, in Nevada.
IL FARMACO
“In collaborazione con Patrizia Diana, Girolamo Cirrincione e Daniela Carbone, ricercatori dell’Università di Palermo abbiamo utilizzato un modello molecolare per sintetizzare un farmaco che blocchi la formazione del complesso proteico – spiega Lorico –. Quando abbiamo infettato i linfociti T con l’Hiv in presenza del nostro farmaco, il virus non è stato in grado di entrare nel nucleo e l’infezione è stata prevenuta”.
Ma il meccanismo molecolare e i target terapeutici rivelati dai ricercatori sembrano avere un impatto fondamentale non solo nella infezione da Hiv. Difatti i ricercatori hanno riscontrato effetti positivi anche in altre malattie come quelle neurodegenerative (Alzheimer) e quelle tumorali. Il professore Goffredo Arena, chirurgo siciliano e professore alla McGill University di Montreal, ha difatti condotto studi per spiegare la patogenesi delle metastasi nei tumori.