La corte d’appello di Palermo ha ribaltato la decisione di primo grado al tribunale di Marsala e ha condannato l’Inail a risarcire la vedova di N. V., un lavoratore deceduto nel 2020 per un mesotelioma maligno epitelioide a causa dell’esposizione alle pericolose fibre di amianto durante i 50 anni di attività lavorativa, prima come meccanico frigorista, poi nel cantiere navale di Trapani.
La vedova riceverà anche una rendita dal valore di circa 45.000 euro, in aggiunta agli arretrati. “Il mesotelioma pleurico – si legge nella sentenza – è un tumore letale quasi nel 100% dei casi e che è dimostrato svilupparsi nella quasi totalità dei casi secondariamente ad esposizione all’asbesto (amianto)“. Da qui deriva l’obbligo dell’Inail di indennizzare i familiari della vittima.
“Purtroppo in sede civile c’è sempre della resistenza a risarcire il danno – spiega l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’osservatorio nazionale amianto – è un fatto grave perché una vittima non può ottenere il risarcimento subito durante la malattia, nel momento in cui ne avrebbe più bisogno“. Bonanni rileva che “le malattie da amianto sono ancora sottostimate, ci sono una serie di tumori che sono molto più frequenti rispetto all’entità valutata che la fibra killer ha provocato, soprattutto per gli operatori dei cantieri navali e di altre aziende“.