E’ iniziata pochi giorni fa la stagione del fermo pesca anche per le marinerie siciliane. Lo stop coincide con uno dei periodi più complessi per gli operatori ittici. La categoria da anni lotta con una serie di problematiche che hanno radicalmente modificato lo stato del settore.
Un’attività quella della pesca che potrebbe valorizzare al meglio i chilometri di costa della Sicilia, oltre che dell’intera penisola, spingendo l’acceleratore su bacini in esponenziale crescita come quello della blue economy, non riesce invece a esprimersi al suo meglio, restando ai margini. I motivi? Sono veramente tanti: dalle norme Ue alle minacce di specie non autoctone del Mediterraneo.
Come ogni anno l’interruzione temporanea obbligatoria si lega al nodo ristori. A porre l’accento sull’argomento è stato Dario Safina, deputato all’Ars del Pd, che ha puntato il dito sull’operato del governo regionale. “La coerenza prima di tutto. Il presidente Schifani, da questo punto di vista, è lodevole: non sta facendo altro, infatti, che proseguire l’azione scandalosa avviata dal suo predecessore, il presidente Musumeci, attraverso l’allora assessore regionale Toni Scilla, nel prendere in giro i pescatori siciliani in merito ai ristori dovuti per il blocco dell’esercizio delle attività di pesca con utilizzo di reti a strascico. Non uno ma addirittura sono due i decreti scellerati con i quali si sono procurati ingenti danni, per almeno sette milioni di euro, alla marineria siciliana. In attesa di riproporre formalmente l’emendamento a favore dei ristori per i pescatori siciliani, assieme ai colleghi deputati del gruppo Pd – ha aggiunto Safina – torniamo alla carica nei confronti del Governo Regionale in merito ai mancati ristori per i pescatori siciliani che hanno subito danni a causa dell’illegittimità del D.A. n. 26/GAB/2022 del 25 luglio 2022. Un atto dovuto, il nostro, che speriamo non rimanga “lettera morta” così come “morta” rischia di essere lo status della marineria siciliana“.
Quest’ultime, le marinerie, nel tempo hanno visto la loro competitività svanire. Imputato principale è il governo Ue. Le norme europee negli anni hanno modificato il volto del mondo della pesca. Il settore presenta, da nord a sud, dal Baltico al Mediterraneo, una vastissima varietà, con caratteristiche e peculiarità diverse: dalle specie richieste alle tecniche e ai mezzi usati. Sul tavolo di Bruxelles però tutte queste diversità svaniscono e le carte si mischiano senza alcuna distinzione. Dalle telecamere a bordo alla stretta sulle catture, a mettere maggiormente in ginocchio la pesca siciliana è la decisioni di abbandonare gradualmente lo strascico. Entro il 2030 una delle metodologie più antiche rischia così di sparire trascinando con sé nel baratro la pesca d’altura e la cattura del gambero rosso. Ciò vale anche a dire storia e tradizione. E così, con le nuove strette, il pesce sulle nostre tavole parlerà sempre di più tunisino, algerino, marocchino, albanese o turco: tutti paesi con marinerie attrezzate e modernissime, senza divieto di giorni o zone.
I problemi per i pescatori siciliani non finiscono qui e alcuni fantasmi potrebbero riemergere. In pochi mesi tra gli operatori ittici, di tutto il Paese, è scattato l’allarme del caro-gasolio che ha subito un’impennata del prezzo del 25%. A lanciare l’allarme era stata l’Alleanza Cooperative Pesca e Acquacoltura, chiedendo interventi economici al Governo. L’obiettivo? Evitare che “si tocchino i picchi del gasolio raggiunti all’inizio del conflitto in Ucraina, che in pochi mesi fece registrare aumenti del 100% del prezzo“, come aveva spiegato l’Alleanza, invitando a valutare “la reintroduzione del credito di imposta o di altri strumenti in grado di aiutare le imprese a far fronte ai maggiori costi“. Quest’ultima emergenza si aggiunge così a quella che si è rivelata la vera piaga di questa estate: l’invasione di specie aliene lungo le nostre coste. Il fenomeno non è certamente nuovo ma i rapidi cambiamenti climatici hanno incrementato l’arrivo di esemplari come il granchio blu, più noto alle cronache.
Un mese di stop dove se da un lato le marinerie dovranno sostare ai box, dall’altro potrebbe essere l’occasione per puntare i riflettori sui disagi reali di una categoria spesso dimenticata.