Da qualche settimana ha avuto inizio l’erogazione didattica per la formazione e la specializzazione di nuovi insegnanti di sostegno da parte di alcune università italiane, tra le quali, anche l’Università degli studi di Palermo. Il tirocinio formativo attivo (Tfa), giunto al suo ottavo ciclo, permette agli aspiranti docenti di esercitare l’attività di sostegno all’interno degli istituti scolastici di ogni ordine e grado. Non sempre, però, i posti messi a disposizione sembrano rispecchiare le reali necessità di personale.
L’attenzione per la formazione e lo sviluppo socio-relazionale all’interno degli istituti scolastici è da tempo sotto i riflettori mediatici. Quando uno studente si trova in una situazione deficitaria da un punto di vista fisico, sensoriale o psichico, ha diritto a vedersi garantita un’attività di sostegno attraverso il supporto di insegnanti specializzati. Non sempre il servizio viene offerto a tutti i richiedenti oppure, ancor peggio, quando esso viene garantito non possiede alti standard di qualità.
La partecipazione alle prove di selezione per l’ammissione allo svolgimento del Tfa non è gratuita. Unipa, ad esempio, richiede a ciascun candidato, come condizione imprescindibile per la partecipazione ai test, il pagamento di un bollettino di 150 euro. L’incasso derivante dal versamento dell’obolo, moltiplicato per le migliaia di domande pervenute, ha fruttato cifre non indifferenti all’ateneo.
I vincitori di concorso, secondo il bando pubblicato sul sito ufficiale dell’ateneo palermitano, possono essere 1.400. Di questi, 200 sono destinati alle scuole dell’infanzia ed i restanti 1.200 sono suddivisi in egual numero (400) tra scuole primarie e scuole secondarie di primo o di secondo grado.
Ma l’iter d’accesso ai corsi prevede, oltre al superamento delle prove con esito positivo, anche il successivo pagamento di un prezzo pari a 3.700 euro per l’immatricolazione universitaria. Da un breve calcolo matematico, emerge che complessivamente nel 2023 il Tfa ha permesso all’ateneo palermitano di racimolare una somma superiore ai 5 milioni di euro.
In ragione dell’elevato numero di posti messo a disposizione (e di incassi conseguiti) sorgono alcuni dubbi: il fabbisogno degli insegnanti di sostegno a livello regionale è davvero così alto? E il titolo conseguito viene pienamente sfruttato?
In base ai dati diffusi dall’Usr per l’anno scolastico 2023/2024, il fabbisogno degli insegnanti di sostegno nell’Isola è pari a 26.655 docenti. Purtroppo, però, soltanto la metà di questi sono ricoperti da personale specializzato e di ruolo, mentre per la restante parte si tratta di posti “assegnati in deroga”, cioè attraverso supplenze svolte da docenti che possono anche non essere formati al meglio per esercitare l’attività di sostegno.
La disfunzione si realizza per due ragioni. Innanzitutto, i docenti possono partecipare soltanto ad una tranche di nomine per i posti in deroga. Ciò significa che, se in quella tornata vi è coincidenza tra i posti disponibili e le preferenze espresse (tra l’altro nel mese di luglio) dagli aspiranti docenti specializzati, allora si procederà all’assegnazione. Altrimenti, gli aspiranti docenti in possesso di titoli specialistici, acquistati a caro prezzo, verranno considerati come rinunciatari. Da quel momento l’Usr potrà procedere al conferimento dell’incarico anche a personale privo di formazione specialistica.
Tra coloro che hanno espresso una preferenza coincidente con le disponibilità momentanee dei posti, la selezione viene oggi effettuata anche con l’ausilio di un algoritmo che, contrariamente al passato, talvolta compie la scelta del docente in base a criteri diversi da quello della formazione specialistica posseduta.
Inoltre, un ulteriore problema è dato dal fatto che il numero degli aspiranti docenti di sostegno ammessi alla partecipazione ai Tfa è deciso dai singoli atenei, senza alcuna regia a livello nazionale. L’alta discrezionalità decisionale che viene conferita a ciascuna università può portare a risultati paradossali.
Nelle regioni settentrionali, infatti, alcune cattedre di sostegno rimangono perfino scoperte e ciononostante vengono avviati corsi di specializzazione con numeri molto ristretti. Al contrario, nelle regioni meridionali ed in Sicilia, dove le necessità d’organico sono inferiori, gli specializzandi immatricolati nei vari corsi sono numerosissimi. Basti un semplice paragone a rendere l’idea: mentre l’Università di Palermo, guidato da Massimo Midiri ha 1.400 specializzandi, l’Università Bicocca di Milano ne ha appena 420.
O manca un sistema logico e razionale per l’assegnazione dei posti in deroga a favore del personale specializzato, oppure alcuni atenei stanno realizzando un business milionario sulle spalle di aspiranti docenti e di studenti bisognosi di assistenza. In entrambi i casi, c’è qualcosa da correggere.