Continua la battaglia delle cosiddette “famiglie arcobaleno”, quelle famiglie composte da due partner Lgbtqi+ o, più in generale, famiglie che possono essere definite non binarie. A Palermo, il sindaco Roberto Lagalla, che già si era dichiarato disponibile ad essere il primo firmatario di una mozione a favore, ha incontrato una delegazione del comitato Esistono i diritti – transpartito.
“Lagalla – dice il presidente del comitato, Gaetano D’Amico – ci ha proposto di lanciare un appello dei sindaci rivolto al ministro Pianterosi, per modificare la circolare che impedisce la trascrizione dei figli e delle figlie delle famiglie omogenitoriali. Proposta che il comitato ha subito accolto. E, quindi, abbiamo lanciato l’appello che vede come primo aderente proprio il sindaco Lagalla”.
In tutta Europa, salvo alcuni Paesi come la Polonia, l’Ungheria e, appunto, l’Italia, i figli di coppie omogenitoriali sono riconosciuti fin dalla nascita, senza percorsi di trascrizione dei certificati esteri, né facendo affidamento alla stepchild adoption cioè l’adozione del figlio del partner.
Nel nostro Paese, invece, esiste una legge, datata 2004, che vieta alle coppie omosessuali l’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, prevedendolo solo per le coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile.
Negli anni, le Sezioni unite della Cassazione hanno proposto di risolvere la questione ricorrendo all’adozione in casi particolari. Un “escamotage” che permette di tutelare i diritti di figli e figlie di coppie gay. Nel 2023, invece, alcuni Comuni hanno interrotto le registrazioni sulla base di indicazioni giunte dalle Prefetture.
“Dopo la circolare emanata su indicazione del Viminale – spiega D’Amico – che riguarda la non trascrizione degli atti di nascita dei figli e delle figlie delle famiglie arcobaleno nel paese, si è creato un vasto movimento di opinione trasversale, che continua a crescere nei numeri”.