Il motto secondo cui “l’unione fa la forza” è più che mai vero, specie se si tratta di cooperazione internazionale finalizzata alla tutela dell’ambiente. Si è svolto nei giorni scorsi, presso la cittadella universitaria di Catania, l’incontro nel quale sono stati esposti i risultati raggiunti nell’ultimo biennio dal progetto Miarem. Quest’ultimo è nato dalla collaborazione fra Arpa, l’ateneo catanese e l’università di Tunisi, e riguarda la salvaguardia dell’ambiente marino attraverso la piantumazione della Posidonia oceanica in una specifica area del mar Mediterraneo.
A proposito dell’iniziativa, Salvatore Campanella, responsabile del progetto per Arpa Sicilia, capofila dello stesso, ha dichiarato: “Sul piano tecnico e scientifico è stato un progetto sfidante e pieno di difficoltà per le esigenze che si sono poste dinnanzi. I vari partner italiani e tunisini hanno necessitato di un’integrazione profonda. Tutto ciò ha portato comunque a dei risultati positivi per un progetto ambizioso”.
La Posidonia è una pianta acquatica tipica dei nostri bacini salmastri e forma delle vere e proprie praterie sottomarine che sono di fondamentale importanza per l’ossigenazione e la produzione di biomasse. L’Italia e la Tunisia, complessivamente, contribuiscono a più della metà della quantità totale di questa alga che è presente nel Mediterraneo.
Il progetto Miarem è stato pensato anche in risposta ai rischi che quotidianamente minacciano gli ecosistemi marini. Tra essi, basti menzionare l’utilizzo di reti a strascico illegali da parte di alcuni pescherecci, che portano via con sé grandi porzioni di vegetazione subacquea, ma anche specie animali di tutte le taglie.
La gestione di questo innovativo esperimento non è facile. Le maestranze tunisine e siciliane, infatti, hanno preventivamente monitorato ed individuato vari luoghi sottomarini. Di questi, soltanto sette sono risultati idonei per realizzare la piantumazione, ma la scelta è ricaduta, per motivi tecnici di sedimentazione del fondale, sulla cosiddetta “zona pilota” della costa di Monastir.
Per proteggere la crescita di queste fondamentali piante sono stati anche posizionati intorno alle zone di “coltivazione” dei blocchi in calcestruzzo non armato e compatibile con l’ecosistema marino circostante. Periodicamente il team internazionale di studiosi ha monitorato la crescita e la risposta vegetativa della Posidonia, raccogliendo dei risultati incoraggianti anche per il futuro.
Alcuni aspetti della ricerca verranno ricordati per lungo tempo ed entreranno a far parte del bagaglio culturale e tecnico a disposizione degli addetti ai lavori anche in futuro. Ad esempio, attraverso il progetto Miarem, si è compreso quali siano le forme batteriche che maggiormente favoriscono la proliferazione della pianta e la cui sopravvivenza è reciprocamente permessa anche da quest’ultima. Tra l’altro le attività svolte hanno anche consentito la scoperta di una nuova forma batterica, ancora sconosciuta fino ai nostri giorni.
I risultati raccolti non sono soltanto riconducibili all’area scientifica, ma anche all’ambito dei rapporti interpersonali tra studiosi italiani e tunisini. Salvatore Campanella, ha infatti spiegato che: “L’eredità che è stata lasciata riguarda anche le relazioni umane che si sono intessute fra persone che lavorano nello stesso campo e che sono vicine sul piano culturale nella condivisione dei valori. È stata un’esperienza che porta i suoi frutti e che rimarrà nel tempo”.
All’iniziativa, infatti, hanno preso parte: l’Institut superieur de biotechnologie de Sidi Thabet, il Dipartimento di ingegneria civile e architettura dell’Università di Catania, la Facultè de sciences de Tunis, l’Ecole superieure des ingenieurs de Medjez El Bab, la Mediterraneo consulting srls, Flag Golfi di Castellammare e Carini, l’Agence de Protection et d’amenagement du littoral, il Dipartimento d’ingegneria dell’Università di Palermo, Mediterranee action nature e Notre grand bleu.