Carissimi
Il vecchio professore, con la sua lunga barba bianca, era seduto in quella grande poltrona, davanti al camino, la luce spenta e l’ambiente era illuminato solamente dalla luce di quella fiamma che usciva fuori dal camino e che diffondeva calore. Accanto a sé una sedia vuota, un piccolo tavolinetto tondo con una bottiglia di Whisky stagionato e sopra un bicchiere anche esso vuoto.
Dietro di lui una tavola nella quale era stato imbandito un solo posto, il silenzio dell’ambiente veniva ogni tanto rotto dal crepitio del fuoco e tutto ciò lo portava a riflettere, mentre sorseggiava il suo bicchiere di super alcolico.
Era una scena che si ripeteva ormai da anni, l’unica differenza era quella sedia accanto a lui oggi vuota così com’è la sua tavola apparecchiata per un posto solo, anche Mario l’ultimo dei suoi amici, era dovuto andare via, suo malgrado, per una breve ma micidiale malattia che non gli aveva dato scampo.
Le loro chiacchiere su tutto e il contrario di tutto, le loro risate su cose stupide, riempivano quello che oggi era un contenitore vuoto, bisognava trovare forti motivazioni per andare avanti.
Natale è la festa della famiglia, anche quando di famiglia vera e propria non si può parlare perché o non c’è mai stata o da tanto tempo ormai non c’era più. Sul camino qualche foto di gruppo a ricordare tempi che furono, tanti sorrisi, tanti abbracci e oggi era ancora Natale, con una sola differenza, non c’era più neanche Mario.
Sono queste le circostanze nelle quali si trova il tempo per fare dei bilanci, Natale è la festa della famiglia, ma è la festa nella quale si porta a bilancio l’amore, quello che abbiamo dato e quello che abbiamo ricevuto e da una delle più semplici operazioni matematiche riusciremo a comprendere se questo bilancio d’amore è positivo o negativo, in base alle attenzioni che riceveremo.
Al professore non restava che guardare una fiamma ed ogni tanto sorridere evocando alcune discussioni che a volte avevano l’ambizione di volare alto, ma il più delle volte erano veramente banali e fu in quel momento che comprese di aver sprecato la sua vita e che ci voleva l’assenza di Mario per fargli prendere consapevolezza, che la sua vita forse non era servita a niente, se il giorno di Natale sì sarebbe ritrovato a bere del whisky e a guardare una fiamma in grande solitudine.
Molti suoi colleghi oggi in pensione come lui ricevevano onorificenze, partecipavano a conviviali, parlavano in conferenze ed erano spesso fotografati sui social dietro tavolate insieme a tanta gente, con quella che sembrava tanta compagnia. Lui no, nessuno lo invitava, nessuno si sarebbe fatto foto insieme anche perché diciamolo francamente da anni si era fatto la nomea di orso che rifuggiva a tutte le occasioni di incontro e allora proprio per questo la gente si era stancata di invitarlo.
Proprio mentre stava per chiudere le sue palpebre preso da un incipiente sonno, senti uno strano ticchettio sul vetro della sua stanza al primo piano di quella vecchia villetta, stanca e trasandata come lui.
Il professore non fece caso al primo colpo, neanche al secondo, poi senti un canto che giungeva da fuori, da qualcuno che stava sotto la finestra, volle alzarsi per curiosità e provare ad affacciarsi, quando giunto alla finestra fu colto dalla bella sorpresa di vedere un sacco di gente con delle candele in mano imbacuccate per il freddo di quella notte, cantare una canzone augurale di Natale
Quel gruppo, non era un gruppo di cantori sconosciuti, ad una ad uno, riconobbe i loro volti, a lui familiari di tutte l’età, di tutti i suoi allievi, di qualcuno addirittura aveva pensato che fosse prematuramente morto e per i quali durante la sua lunga ed onorata carriera, aveva speso tutta la sua passione, diventando per molti un punto di riferimento morale e professionale, nei quali aveva seminato i principi di base che avevano contribuito farli crescere come uomini e a farsi valere nei loro campi lavorativi.
Quella notte, forse, non essendosi mai persi completamente di vista tra di loro, si erano radunati e dati appuntamento sotto la finestra del professore una volta saputo della perdita del suo caro amico Mario e che per la prima volta quella sarebbe stata una notte di Natale in solitudine.
Era un gesto simbolico, si erano ricordati di lui, ex ragazzi di tutte le generazioni, volendogli manifestare la loro gratitudine e il loro affetto per chi era stato il vero “Babbo Natale” nelle loro vite, restituendo in una sola volta e tutti insieme, in un solo dono, tutto l’amore e tutto il bene ricevuto, anche se non avevano mai prima di allora provato a dirlo né tantomeno a scriverlo.
Il professore capi che si può vivere immersi nella gente, ricevere ipocriti sorrisi e auguri di Natale, essere comparsa nella vita altrui o riempire la propria vita di comparse, di contro avere la sensazione di essere soli, ma essere sempre nei pensieri della gente, per coloro i quali siamo stati importanti e non ce ne siamo neanche accorti, forse avremmo avuto lo scrupolo di ricambiare il tanto affetto e la considerazione ricevuta.
Se solo ne avessimo avuto la percezione. Avere sprecato il proprio tempo a voler bene e considerare chi di noi non ha capito niente e che il nostro bene ha trovato il modo di barattarlo, alla prima occasione, pronto a sostituirci con l’ennesima persona che avrebbe potuto dargli vantaggi di natura personale e professionale.
Il professore accenno un sorriso nei riguardi di quel foltissimo gruppo radunato sotto la sua finestra, alzo una mano accennando a un timido saluto, mentre loro scomparivano.
Si ritirò sedendosi nella sua poltrona davanti al camino, poggio le spalle sullo schienale, con un’espressione soddisfatta riprendendo il bicchiere di whisky, si voltò alla sua sinistra e vide Mario che nella sedia accanto gli sorrise, proprio mentre il bicchiere che era nelle sue mani cadde per terra rompendo col suo fragore il silenzio di quella stanza.
Auguri di buon Natale per voi e per tutta le persone a cui volete bene e a chi vi vuole bene.
Un abbraccio, Epruno.