Passano i decenni, ma la radio rimane il mezzo di comunicazione più diffuso al mondo. Lo si può definire un vero e proprio evergreen, che attrae trasversalmente generazioni di ascoltatori. Resiste ostinatamente alle evoluzioni tecnologiche e alla concorrenza dei nuovi mass media.
Intorno al 1920 nasceva in Europa la prima emittente radiofonica e, da allora, questo strumento si è impadronito della storia del ‘900. Nel secondo millennio continua ancora a recitare un ruolo da protagonista tra i mezzi di comunicazione di massa. Solo in Sicilia, secondo i dati raccolti dal Ter (Tavolo degli editori radio), sono più di venti ormai le emittenti regionali, sintomo della grande vivacità del settore e del successo che ancora questo medium riesce a riscuotere.
Ma il percorso, talvolta, può essere anche accidentato. Gli smartphone prodotti da gennaio 2021, infatti, non possono più avere il servizio integrato della radio fm. Da allora, questa può essere ascoltata su dispositivi mobili esclusivamente in streaming, via app o via web. Dopo questa decisione assunta per effetto della direttiva europea numero 1972 del 2018, lo strumento in questione avrebbe potuto plausibilmente subire un duro contraccolpo in termini di numero di ascoltatori.
Ma non è stato così. Secondo Ter, in Italia nel primo semestre del 2023 quasi l’87% delle persone ascolta quotidianamente la radio per periodi più o meno lunghi. In Sicilia il dato si attesta leggermente al di sotto della media, ma è comunque incoraggiante. Il 65% degli abitanti dell’Isola segue ogni giorno le trasmissioni radiofoniche
E chi pensa che la radio possa essere roba per vecchi si sbaglia. In Italia sono quasi due milioni gli under 17 che quotidianamente prestano l’orecchio a questo medium. Ed i numeri diventano ancor più sorprendenti se si considera la fascia d’età compresa tra i 18 e i 24 anni: ben 3 milioni di ascoltatori utilizzano la radio.
Ma quale è la formula che permette a questo strumento di resistere agli urti del tempo con così tanta elasticità? Secondo Domenico Cannizzaro, speaker radiofonico siciliano di grande esperienza e voce storica di Radio Time: “Il primo motivo è l’immediatezza della radio, che consente la rapidità dell’informazione e della comunicazione. Inoltre, ha una capillarità importante e la si può ascoltare in ogni momento, cosa che con altri mezzi non si può fare. Ha poi un’empatia che non hanno altri mezzi di comunicazione di massa, per cui ha la capacità di entrare nelle famiglie e nei tessuti sociali con una fluidità ed un’elasticità che gli altri mezzi non hanno.”
Inoltre, molte delle ultime innovazioni del mondo digitale sono state inglobate in tempi rapidissimi dalle radio. Basti pensare allo strumento dei social network, utilizzato dalle emittenti radiofoniche per dirette streaming o per interagire con i propri utenti attraverso le cosiddette live chat.
Ma questo medium è sempre in continua evoluzione, come sottolineato da Domenico Cannizzaro: “Adesso la scommessa, dal punto di vista tecnico, è sul Dab, che consentirebbe ovunque una diffusione massima della radio. Ed aiuterebbe altrettanto anche il podcast (che televisivamente viene definito on demand). L’ascoltatore può recuperare così dei contenuti e dei prodotti come e quando vuole, messi a disposizione sugli stessi siti delle radio”.
Attraverso questi due strumenti, infatti, verrebbero ampliate nelle due dimensioni dello spazio e del tempo le possibilità di ascolto della radio. Attraverso il Dab si potrà sfruttare il segnale del digitale terrestre per le trasmissioni, mentre con i podcast si permetterebbe agli ascoltatori di seguire i propri programmi preferiti anche al di fuori degli orari delle dirette.