“Tutto il pool antimafia, compreso Paolo Borsellino, sapeva della richiesta di archiviazione che peraltro riguardava una tranche residuale dell’indagine mafia-appalti. Spiegammo che era una scelta obbligata perché per le posizioni per cui volevamo chiedere l’archiviazione non avevamo prove e tutto ciò fu condiviso all’unanimità, senza rilievi. E’ assolutamente falso che avrei nascosto a Borsellino il fatto di aver firmato la richiesta di archiviazione. Borsellino era già informato di questa prospettiva e poi io stesso ne parlai ai colleghi, lui compreso, in occasione della riunione del 14 luglio del 1992“. Lo ha detto l’ex procuratore di Messina Guido Lo Forte, per anni aggiunto a Palermo, deponendo al processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio.
Lo Forte è stato citato dal legale di due degli imputati, l’avvocato Giuseppe Seminara che assiste i poliziotti Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei, imputati del depistaggio e accusati di calunnia aggravata, insieme al funzionario di polizia Mario Bo. Oggetto della deposizione l’inchiesta mafia-appalti condotta dalla Procura di Palermo nei primi anni ’90.
Secondo alcuni legali proprio il rischio che da quell’indagine venissero fuori collusioni tra mafia, politica e imprenditoria sarebbe stata il movente dell’accelerazione dell’attentato a Borsellino che a marzo 1992 era arrivato come aggiunto in Procura a Palermo. Qualcuno avrebbe temuto che Borsellino, occupandosi di quella inchiesta avrebbe rappresentato una minaccia.
“Borsellino mi chiese solo se si trattava dell’indagine che riguardava anche un appalto di Pantelleria di cui già avevamo parlato e io risposi di sì– ha aggiunto – Il discorso finì lì“. Lo Forte ha confermato che i carabinieri del Ros comunicarono solo nel 1992 l’esistenza di intercettazioni del 1990 che avrebbero potuto evitare la richiesta di archiviazione e soprattutto che avrebbero potuto portare molto prima a indagini su politici e pezzi dell’imprenditoria italiana che poi la Procura comunque portò avanti.
“Si trattò di una anomalia grave – ha aggiunto – Come anomalo fu il fatto che il pm Lima di Catania ci avvertì molto dopo delle dichiarazioni di un testimone, il geometra Lipera, sull’imprenditore De Eccher che poi noi incriminammo. Informammo di tutto il Csm e il ministero della Giustizia“.
“Ci fu tensione tra Borsellino e l’allora procuratore Giammanco quando Gaspare Mutolo cominciò a collaborare con la giustizia. La notizia arrivò dal procuratore nazionale Vigna. Giammanco decise di assegnare la gestione del collaboratore a Vittorio Aliquò, che coordinava indagini Dda su Palermo. Ma non potendo ignorare la richiesta di Mutolo, che voleva parlare con Borsellino, dispose che Aliquò si coordinasse con lui. Borsellino si lamentò con me e Natoli di questo“.
“Borsellino ci disse provocatoriamente ‘che bisogno c’è che vanga a interrogare Mutolo a questo punto?’ – ha raccontato Lo Forte- E noi rispondemmo ‘stai tranquillo che Giammanco il fascicolo te lo assegna‘”. “In quei giorni, a parte la storia della gestione di Mutolo Borsellino era tranquillo, lavorava bene“.