“Ogni euro di risorse pubbliche investito in sanità ne genera, infatti, quasi due di produzione in valore”. A dichiararlo è Giovanni Merlino, vicepresidente dell’Ordine dei Medici di Palermo.
Ad avvalorare questa dichiarazione è il Rapporto Fnomceo-Censis “Il valore economico e sociale del Servizio Sanitario Nazionale”. Il documento studia gli impatti economici e occupazionali – diretti, indiretti e indotti – della spesa sanitaria pubblica.
I 45 anni del Servizio Sanitario Nazionale
L’Italia è uno dei paesi più longevi al mondo e anche quello con una più alta aspettativa di vita senza disabilità. Si colloca al terzo posto della graduatoria Ue per speranza di vita con 82,7 anni dopo Spagna (83,3) e Svezia (83,1). Il Paese è al terzo posto della graduatoria della speranza di vita in buona salute dove registra un valore dell’indicatore pari a 68,1, inferiore solo a quello di Malta (68,7) e Svezia (68,4).
Ma il Servizio sanitario nazionale è molto più che un erogatore di servizi e prestazioni sanitarie. Ha un impatto altamente positivo sul piano economico, occupazionale, della innovazione e ricerca e sulla coesione sociale.
Difatti, “non bisogna pensare solo sull’impatto diretto che va sul benessere del cittadino, sul costo diretto che può essere rappresentato dalle spese per farmaci o indagini. Bisogna pensare ai costi indiretti – prosegue –. Noi medici abbiamo ben chiaro come le nostre azioni abbiano una ricaduta in termini economici importanti. Forse la politica, quando investono in sanità dovrebbero tenerlo più in mente”.
“Il report mostra che gli investimenti in sanità generano percentuali di ricavi che nemmeno i migliori e più sicuri investimenti si possono ottenere. Quindi, un appropriato investimento in sanità no comporta solo salute, ma anche risparmio e guadagno – conclude -. Non trovo una giustificazione agli investimenti nel privato soprattutto in un Paese come l’Italia dove la sanità pubblica ha dimostrato di aver resistito al Covid”.
L’impatto economico
Il Servizio Sanitario nazionale è un boost per l’economia poiché il valore aggiunto complessivo creato è pari a 127 miliardi di euro. Nello specifico il 7,3% del valore aggiunto totale e il 6,5% del Pil.
Difatti, partendo da un valore della spesa sanitaria pubblica pari a 131,3 miliardi di euro (dato del 2022) il valore della produzione interna diretta, indiretta e dell’indotto ad essa ascrivibile è stimata pari a 242 miliardi di euro. Il moltiplicatore della transizione dalla spesa al valore della produzione è pari a 1,84. Quindi, per ogni euro di spesa sanitaria pubblica investito nel Servizio sanitario viene generato un valore della produzione non distante dal doppio.
I settori che direttamente e indirettamente beneficiano della spinta della spesa sanitaria pubblica sono le attività dei servizi sanitari, per un valore della produzione pari a 126 miliardi di euro con quasi 1,3 milioni di occupati, il settore dell’assistenza sociale con 8,6 miliardi di valore di produzione e un’occupazione di 180 mila persone, il commercio al dettaglio e all’ingrosso, con quasi 9 miliardi di valore di produzione e oltre 95 mila occupati. E poi settori professionali e di servizi qualificati di tipo amministrativo, legale, contabile, di consulenza gestionale con un valore della produzione di oltre 3 miliardi di euro per oltre 30 mila addetti, e quello relativo a servizi di vigilanza e di facility management con 3 miliardi di euro di valore della produzione e quasi 43 mila occupati.
La generatività della spesa sanitaria pubblica si completa considerando che il totale delle imposte dirette e indirette e dei contributi sociali ascrivibili al circuito attivato dalla spesa sanitaria pubblica citata è pari ad oltre 50 miliardi di euro. Si tratta di oltre 28 miliardi di imposte dirette e indirette e quasi 22 miliardi di contributi sociali relativi ai lavoratori dipendenti coinvolti.
L’occupazione
Secondo il rapporto la spinta alla buona occupazione porterebbe all’assunzione di 1,5 milioni a, addirittura, 2,5 milioni di persone nei settori più strettamente legati alla sanità sino a quelli che invece beneficerebbero degli effetti indiretti e anche indotti.
Gli occupati interni diretti, indiretti e indotti afferenti al meccanismo cumulativo innescato dalla spesa sanitaria pubblica sono stimati complessivamente in 2,2 milioni di persone, pari all’8,7% degli occupati totali. La creazione di occupazione, quindi, va ben oltre il Servizio sanitario, che comunque è uno dei più importanti datori del lavoro del paese con 670 mila addetti a cui aggiungere oltre 57 mila medici di medicina generale, titolari di guardie mediche e pediatri di libera scelta.
Incrementare la spesa sanitaria pubblica vuol dire espandere l’occupazione: infatti, se la spesa sanitaria pubblica pro capite italiana, pari a 2.226 euro, salisse al valore di quella francese di 3.739 euro (spesa complessiva pari al 10,1% del Pil francese), a parità di potere d’acquisto, la spesa pubblica sanitaria totale italiana crescerebbe di 89 miliardi di euro diventando pari al 10,9% del Pil italiano, con un incremento del totale occupati diretti, indiretti e indotti di 1,5 milioni di unità, per un totale di 3,8 milioni.
Nell’ipotesi di un adeguamento della spesa sanitaria pubblica pro capite italiana al valore di quella tedesca, che è pari a 4.702 euro a parità di potere d’acquisto (il totale incide sul Pil tedesco per il 10,9%), la spesa sanitaria pubblica totale del nostro paese sarebbe superiore di 146 miliardi e pari al 13,3% del Pil, mentre il totale degli occupati diretti, indiretti e indotti sarebbe di 4,7 milioni, cioè 2,5 milioni di occupati in più.
La Ricerca
Lo stanziamento di spesa pubblica per ricerca e sviluppo per protezione e promozione della salute umana è in Italia è pari a circa il 12,7% del totale della spesa pubblica stanziata per ricerca e sviluppo. Tale dato colloca il nostro paese al quinto posto della graduatoria dell’Unione Europea per valore pro capite a parità di prezzi d’acquisto. In totale, evidenzia il rapporto, lo stanziamento di spesa pubblica italiana per ricerca e sviluppo per protezione e promozione della salute umana è pari a 1,6 miliardi di euro.
Il Servizio sanitario nazionale è il primo committente delle attività di ricerca in sanità e l’Italia si colloca al secondo posto della graduatoria europea e al sesto di quella mondiale per numero di pubblicazioni relative all’area tematica della medicina nelle riviste scientifiche.
Lo stanziamento attuale è il portato di un decennio di evoluzione della spesa che ha registrato nel periodo 2012-2019 una crescita del 5,2% e nel 2019-2022 un rialzo del 49%. L’esito per l’intero periodo 2012-2022 è un incremento di oltre il 56%.