Sono stati sequestrati 10,8 milioni di euro a Marcello Dell’Utri: il provvedimento è stato disposto dal gip di Firenze su richiesta della procura distrettuale antimafia di Firenze. Dell’Utri, secondo l’accusa, in quanto condannato per concorso esterno in associazione di tipo mafioso, avrebbe dovuto comunicare secondo la legge Rognoni Latorre, le variazioni del reddito per un ammontare di oltre 42 milioni e mezzo. Ma non lo avrebbe fatto, da qui il sequestro preventivo.
La sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo ha rigettato la richiesta della Procura di disporre la sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e la confisca dei beni dell’ex senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri, condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. Il provvedimento è stato depositato il 13 marzo scorso. Dell’Utri era difeso dagli avvocati Francesco Centonze e Tullio Padovani.
Marcello Dell’Utri, attualmente, non è socialmente pericoloso. Lo scrive il tribunale di Palermo nel decreto che rigetta la richiesta della Procura di applicare all’ex senatore di Fi la misura di prevenzione della sorveglianza speciale che proprio nell’attualità della pericolosità sociale ha il suo presupposto. “Pur avendo le pregresse vicende giudiziarie (nel caso del processo per concorso esterno, concluse con condanna irrevocabile) acclarato la commissione di condotte indubbiamente integranti manifestazioni di una pericolosità ‘qualificata’ – scrivono i giudici – le stesse riguardano fatti risalenti al 1994, rispetto ai quali (tenuto conto della peculiarità del caso e del tempo trascorso) alla data della presente decisione non ricorrono elementi concreti e certi di un effettivo ed attuale rischio di ricaduta nel reato”. Il tribunale, pur ammettendo che i reati di cui l’ex senatore si è reso responsabile sono di “estrema gravità (anche in considerazione della funzione concretamente assunta da Dell’Utri, di mediazione fra il sodalizio mafioso e un uomo che ha certamente segnato la storia imprenditoriale e politica del Paese negli ultimi 40 anni)“, precisa “che non è mai stata (neppur indiziariamente) ritenuta la partecipazione del Dell’Utri al sodalizio e che il ruolo concretamente ricoperto era intimamente collegato, in via diretta, a personaggi non più in vita (come Silvio Berlusconi e Vittorio Mangano), o comunque, anche indirettamente, da tempo ristretti in carcere o non più direttamente operativi e comunque ad una stagione storica e ad un particolare ruolo (di raccordo fra il sodalizio mafioso e Berlusconi, il suo gruppo imprenditoriale e le sue prime iniziative politiche) non più, in concreto, replicabile”. “Nessun elemento concreto raccolto nell’ultimo trentennio consente di reputare attuale il rischio di riattrazione del proposto nei circuiti criminali che lo hanno visto operare in collegamento con esponenti del sodalizio mafioso”, concludono i magistrati.
“La tesi della connessione fra gli enormi versamenti ed un possibile patto criminale tra Dell’Utri e Berlusconi e/o la riconoscenza (o la remunerazione) per il silenzio serbato dal Dell’Utri circa i rapporti fra Berlusconi e Cosa nostra, pur se estremamente suggestiva (fosse solo per l’incredibile ammontare complessivo di tali versamenti e per la stessa storia criminale di Dell’Utri), presta il fianco alla finora indimostrata esistenza di accordi fra il sodalizio criminale e Berlusconi, sia in campo imprenditoriale che politico“. Lo scrive il tribunale di Palermo che ha respinto la proposta di confiscare il patrimonio di Dell’Utri.